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portata dalla Germania; quattro o cinque tipografie; due o tre fotografie; un buon numero di segherie ad acqua ed una o due a vapore; qualche mulino non del tutto primitivo; alcune fabbriche di mobili, tedesche; alcune di birra, acque gazose, aceto, liquori, quasi tutte tedesche; una di paste alimentari, italiana; alcune di conserve, tedesche; un buon numero di concerie (chè la natura caterinense è prodiga di ogni sorta di concie); alcune fabbriche di calce, di tegole e di mattoni.

Volendo dire di più, si cadrebbe nella categoria dei mestieri e delle industrie agricole che si confondono coll'agricoltura stessa, quali la preparazione del burro, dello strutto, dello zucchero greggio e via dicendo.

Commercio. - È una conseguenza di quanto precede: lo Stato di Santa Caterina esporta quasi esclusivamente prodotti agricoli.

Nel 1899, l'esportazione per l'interno, ovverossia per gli altri stati del Brasile, è stata di milreis 7,381,890 e per l'estero di milreis 2,842,218 ossia in tutto di milreis 10,224,108 (1).

Nel 1898, era stata di milreis 6,975,427 per l'interno, e di milreis 3,024,460 per l'estero, ossia in tutto di milreis 9,999,887.

I principali articoli di esportazione per l'interno sono, in ordine d'importanza la mandioca, il butirro, lo zucchero bruno (mascavo), i fagiuoli neri, le tavole per pavimenti, il riso, l'herva-matte (ilex paraguayensis), il cuojo da suole, l'acquavite, il lardo, lo strutto, il granturco e l'amido di mandioca. A questi prodotti dell'industria agricola vuolsi aggiungere un migliaio di tonnellate di chiodi così detti di Parigi, (in tedesco: drahtstift).

I principali articoli esportati per l'estero, sempre in ordine d'importanza, sono: l'herva-matte; poi, a grande distanza, la farina di mandioca, il caffè e le banane; e finalmente la tapioca, il tabacco, le pelli e le altre spoglie animali.

Le tavole qui unite (allegato I e II), compilate da me su quelle favoritemi dalla segreteria delle finanze, serviranno a meglio chiarire l'argomento.

Le statistiche governative però non dicono quale sia la destinazione delle merci esportate, e non credo neppure opportuno d'in

(1) Nel 1899 il cambio medio è stato di circa reis 1250 per ogni lira oro. Mentre scrivo è di reis 930.

dugiarmi a colmare questa lacuna, per ciò che riguarda l'esportazione per l'interno, tanto più che per disposizione di legge la navigazione di cabotaggio è riservata esclusivamente alle navi brasiliane (1).

L'esportazione per l'estero è argomento di maggiore importanza per noi; mi affretto però a dire che ciò che noi italiani abbiamo esportato finora dallo Stato di Santa Caterina si riduce a un poco di caffè, di legno di cedro, di pelli, di corna e di altri resti animali, e ciò eslusivamente per opera di una rispettabile casa genovese che ha stabilito una rappresentanza in Florianopolis e che tutti gli anni manda qui uno o due velieri, con carico di sale, vino e commestibili, i quali nel ritorno caricano qualche articolo del paese.

L'herva-matte, la farina di mandioca, e la tapioca sono smaltiti quasi per intero nelle repubbliche platensi. Il caffè, che i caterinensi vogliono sia il migliore del Brasile, va in Germania, a Montevideo, a Buenos Ayres e un po' dappertutto; le banane, il cui commercio va sempre più aumentando, prendono la via di Buenos Ayres; le pelli, le corna, il crine, l'amido, la cera, le foglie medicinali vanno principalmente in Germania; il tabacco poi per intero, poichè, sebbene, come ho già detto, i principali produttori della preziosa foglia siano coloni italiani e tirolesi, sono le case tedesche di Blumenau e di Amburgo che ne monopolizzano il commercio.

Le orchidee, di cui si può dire che lo Stato di Santa Caterina è la vera patria, prendono la via dell'Argentina, della Germania e dell'Inghilterra. Questi fiori bizzarri hanno fatto la fortuna di due o tre case, ma ora non sono più tanto di moda.

I diritti di esportazione nel Brasile sono lasciati a benefizio dei singoli Stati.

Ogni anno il potere legislativo dello Stato stabilisce quali sono le merci che ne saranno colpite durante il prossimo esercizio finanziario ed in quale misura.

Nel 1899 (come del resto nell'anno in corso) furono esentati da ogni diritto di esportazione soltanto i prodotti seguenti di cui si vorrebbe incoraggiare la produzione, ma che, in realtà, attualmente,

(1) È vero però che la bandiera è una cosa, e il capitale e il profitto una altra; l'unico piroscafo inscritto nella matricola di questo porto appartiene alla casa tedesca Karl Hoepke e C.

non figurano nell'esportazione: fieno, orzo, thé, crine vegetale, fiori artificiali, cotone, lino, semi di lino, tessuti, seta, herva-matte (se esportata per l'Europa o per l'America del nord) olii vegetali e animali, prodotti minerali, grano, segala e farine relative, legumi, vini d'uva e d'altri frutti, vetri, pizzi.

Gli altri generi vanno soggetti: i più ad una tassa fissa basata sulla quantità e ad una tassa proporzionale basata sul valore ufficiale; altri ad una tassa proporzionale soltanto; ed alcuni altri, pochissimi però, ad una tassa fissa soltanto.

Come appare dalle tavole qui unite, nel 1899 queste tasse diedero un gettito di milreis 735,623, che rappresentano più del 7% del valore ufficiale complessivo della esportazione dello Stato e più di due quinti dell'entrata complessiva dello Stato, che fu di milreis 1,807,815.

A questa somma, poi, di milreis 735,623 vuolsi aggiungere altra minore di milreis 163,369, pure a carico dell'esportazione a benefizio degli stabilimenti pii dello Stato.

Come si vede, non si può dire che l'esportazione sia trattata con eccessivi riguardi.

Le merci che principalmente si importano nello Stato di Santa Caterina sono il cotone, la lana, il lino, la juta e la seta; gli articoli di ferro e di acciaio; le macchine, istrumenti e utensili diversi di metallo; il coltellame, le farine; il vasellame e i vetrami; i prodotti chimici, droghe, specialità farmaceutiche, profumi, essenze ecc.; le bevande alcooliche e fermentate; l'olio.

Le nazioni che figurano all'importazione sono:

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Come si vede, mentre la Germania occupa il primo posto nell'importazione, l'Italia vi fa una meschinissima figura, sebbene in questo Stato vi siano più di venticinquemila italiani, e sebbene non manchino articoli nostri che qui potrebbero trovare ottima accettazione, quali: olio, vino, conserve alimentari, tessuti di cotone e di lana, seta, fusti d'ombrelli, pelli lavorate, terraglie e cristallami, specialità farmaceutiche, saponi fini, strumenti musicali, corone funebri, ecc.

La tavola dell'importazione qui unita (allegato III) può servire alla orientazione del negoziante italiano, meglio delle mie parole.

È inutile che io dica quali sono le cause della nostra inferiorità commerciale in questo Stato, come del resto in tutto il sud del Brasile ove non sono meno di 200 mila italiani, e come, in fondo in fondo, in tutto il Brasile, non eccettuato San Paolo.

Sono cose che sono già state dette e ripetute mille volte. Domando invece il permesso di fare alcune altre osservazioni, se non nuove, meno tristi.

È stato riconosciuto e dichiarato ufficialmente, più e più volte, che le colonie italiane d'America non recano all'Italia, nel rispetto commerciale ed industriale, tutti quei vantaggi che sembrerebbe potersene ripromettere (2); e questo è vero, malgrado l'abuso che si è fatto della floridezza delle nostre collettività di Buenos Ayres, Rosario e San Paolo, e malgrado tutto quanto si è scritto per provare il contrario. Per ciò, poi, che riguarda lo Stato di Santa Caterina non ho paura di essere contraddetto, affermando che i nostri venticinquemila connazionali, quasi tutti contadini, seppelliti nelle forreste, lontani dai porti, senza strade, provveduti di quanto occorre per vivere, ma nella impossibilità di comperare checchessia che

(1) Alla cifra di milreis 3,792,074, ammontare complessivo delle merci sdoganate nello Stato di Santa Caterina, devesi aggiungere il valore delle merci sdoganate fuori dello Stato, principalmente a Rio de Janeiro e a Santos e qui spedite dalle case commerciali della capitale federale di San Paolo.

(2) Circolare del ministero degli affari esteri del 29 agosto 1888, n. 46.

esca fuori dallo strettamente necessario, sono tutt'altro che in grado di fare propaganda in favore dei prodotti delle industrie italiane. I più, dal giorno in cui sono sbarcati nel Brasile, non hanno più bevuto un bicchiere di vino italiano e quando, dopo sette od otto anni di fedele ed ininterrotto servizio, sono stati costretti a smettere la buona giacca di frustagno colla quale erano partiti dal villaggio natio, hanno dovuto contentarsi di sostituirla con tessuti di fabbricazione alemanna, i soli che hanno trovati nella venda della colonia. Tutto quel poco che consumano, all'infuori dei prodotti dei loro campi, è tedesco, a cominciare dagli strumenti agricoli e dal rozzo vasellame delle loro cucine, fino ai chiodi delle loro scarpe.

L'emigrazione è vero che conta ; ma non basta; e che non basti, meglio ancora del passato, lo proverà l'avvenire, se non si provvede in tempo e colla maggiore energia.

bisogna anzitutto

Per rialzare le sorti del nostro commercio e non nello Stato di Santa Caterina soltanto, che non ha importanza grandissima, ma in tutto il Brasile, anzi in tutta l'America del sud sapere cosa è necessario che si faccia e quali sacrifizi si è disposti a fare per conseguirlo; in altri termini, occorre un programma ben definito nel quale possano essere inquadrati tutti gli sforzi piccoli e grandi, di tutti i giorni e di tutte le ore, di tutti e di ciascuno del governo centrale e dei ministri e dei consoli, delle camere di commercio del regno, della stampa, del ceto commerciale e delle compagnie di navigazione, con sistema seguito e affiatamento. Cosi hanno fatto e così fanno i tedeschi.

L'indole di questo scritto, la sfera limitata della mia competenza e la mia modesta posizione ufficiale mi vietano di alzar cattedra e di tracciare io stesso il programma cui ho accennato, ma non per questo voglio tralasciare di spiegarmi con un esempio, almeno per provare che non mi perdo in vacue generalità.

Uno dei punti principali, forse il principale, dell'accennato programma non potrebbe non riguardare le linee di navigazione.

È un pezzo che si dice che una delle ragioni per le quali le nostre importazioni in America sono molte limitate è la mancanza di una completa e forte rete di linee di navigazione fra la nostra penisola e l'America del sud, con mezzi di trasporto e tariffe di noli appropriati ai traffici cui dovrebbero servire.

E questo è vero. È verissimo, poi, per ciò che riguarda gli Stati del sud del Brasile (Rio Grande del sud, Santa Caterina e Pa

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