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DEI TRATTATI

NOZIONI

Trattato pubblico è un contratto solenne, assunto in forme determinate fra potenze indipendenti. Se il trattato non versa su obblighi di capitale importanza, ma sovra effetti secondarj o sovra modi d'esecuzione, dicesi convenzione; benchè talvolta i due nomi si confondano.

Il diritto di conchiuder un trattato spetta al potere esecutivo. Negli Stati assoluti è dunque attribuito al sovrano: nelle repubbliche o nei governi misti vuolsi il concorso della rappresentanza nazionale; o facciasi ciò direttamente, ovvero indirettamente col voto sulle leggi necessarie ad adempiere gli obblighi contratti.

Benchè possano (come ai dì nostri nella Santa Alleanza) i trattati firmarsi dal capo dello Stato, pure ordinariamente sono firmati da commissarj a ciò, che per lo più sono i ministri degli affari esteri, o diplomatici muniti di credenziali che indicano l'oggetto per cui sono inviati, e i poteri che hanno: e di questi poteri viene reciprocamente comunicata notizia, facendone menzione in testa al trattato. In fondo poi a questo si nota il termine entro il quale sarà ratificato.

La ratifica è tenuta da alcuni per una formalità, una registrazione onde dar all'atto autenticità; da altri per una sanzione volontaria e perciò libera: opinione difficile a sostenersi, salvo il caso che l'agente avesse oltrepassato i suoi poteri.

I trattati sono o perpetui, o temporarj. A questi ultimi o si fissa un termine nell'atto medesimo, o si stipula che cesseranno tre, quattro, sei mesi dopo la diffidazione.

L'obbligo assunto fra due Stati non deve cangiare nè per la morte del capo, nè per una rivoluzione.

Talvolta i contraenti pongono il trattato sotto la garanzia d'un altro Stato; ma ora le potenze rifuggono sempre più dall'attribuire così ad un'altra questa specie di giurisdizione.

Le nazioni si obbligano fra loro o per interessi di conservazione e sicurezza, o pel cambio delle loro produzioni. Nel primo caso diconsi trattati politici; nel secondo trattati di commercio. I trattati politici sono più vantaggiosi al contraente più debole, il quale riceve più che non dia: i trattati commerciali giovano al più industrioso, perchè trova maggiori vantaggi nel mercato comune.

Pei trattati di commercio si osservano le stesse forme che per quelli di pace od alleanza. Possono stipulare o la perfetta reciprocità nelle relazioni di commercio e navigazione; o di concedere reciprocamente ai sudditi e alle navi rispettive i privilegi conceduti già ad altre nazioni; o di esser trattati come i nazionali. Ai nostri giorni si introdussero le leghe doganali, il cui esempio primo e grandioso è lo Zollverein tedesco.

Il diritto di far pace appartiene a chi appartiene quello di far guerra. I trattati di pace hanno per iscopo, non solo di terminare la guerra attuale, ma di prevenire le future. Se si stesse allo stretto diritto, difficile sarebbe combinar una pace soddisfacendo alle pretensioni delle due parti. Oltrechè l'autore della guerra ingiusta dovrebb'essere punito in proporzione dell'ingiuria recata, e in modo di assicurar in

avvenire l'offeso. Quello stesso che fece guerra giusta, non potè sempre rimanere nei limiti dell'incolpabile difesa, e dovrebbe riparare i torti, restituir le prese, il bottino, tutte cose di stima difficilissima. Acciò dunque che le guerre non durino eterne, si risolvono in transazioni, ove ciascuno recede in qualche porzione dallo stretto diritto; si lascia di proferire sulle cause della guerra e sulle controversie cui darebbero luogo gli atti d'ostilità, non convenendo (come disse l'oratore del Tribunato nell'esporre al Corpo legislativo i motivi della pace d'Amiens) rammentare nel giorno della riconciliazione i titoli della discordia; nessuna delle parti è condannata come ingiusta, e si stipula ciò che ciascuna otterrà per recedere dalle sue pretensioni. Alle condizioni di pace servono di misura le cause della guerra. Ottenuta la soddisfazione che si cercava colle armi, cessa l'oggetto della guerra.

Queste massime positive e invariabili del diritto delle genti impediscono che si perpetui lo stato ostile, che le nazioni non rimangano all'arbitrio del vincitore, e che la tranquillità e indipendenza dei popoli sia esposta all'avarizia o all'ambizione. In onta di esse qualche volta il vincitore surroga, allo scopo della guerra, i suoi intenti particolari, e attenta alla prosperità delle nazioni: ne è punito dall'opinione, e talora dagli svantaggi che all'ingiustizia vengono compagni, o dalle altre potenze adombrate dai suoi incrementi.

Il vincitore pertanto che lealmente desidera la pace, deve mettere per fondamento delle trattative il motivo stesso della guerra, comunque possa voler castigare un assalitore ingiusto, e cercar le proprie convenienze. Il vinto poi ha non solo la necessità, ma il dovere di non ispinger all'estremo gli sforzi per riparare i disastri, qualora tali sforzi possano ruinare la propria nazione.

Pertanto un trattato di pace non si assomiglia a una sentenza di giudice o di arbitro, sopra la precedente contesa; giacchè due nazioni indipendenti non riconoscono un sovrano che possa dettare; nè la vittoria si ha per prova della giustizia di una causa, e per fondamento d'un diritto. Bensì può assomigliarsi a una transazione, ove le parti belligeranti, nella gravissima difficoltà d'accordarsi intorno alla giustizia del passato, si limitano a stabilire ciò che entrambe devono prestarsi a vicenda in avvenire, acciocchè le ostilità cessino per ora, e non si rinnovino in appresso per l'identica cagione. Perciò le parti s'impegnano a pace perpetua, tale essendo appunto in riguardo al motivo che avea determinato la presente guerra.

O il vinto per necessità, o il vincitore per generosità chiedono la pace; o una terza potenza si offre mediatrice. In quest'ultimo caso, i plenipotenziarj delle potenze belligeranti non negoziano tra loro direttamente, ma le proposizioni sono trasmesse pei delegati della mediatrice. Talvolta una terza potenza non fa che preparar le vie ad un accomodamento, o interpone i suoi buoni uffizj; nel qual caso i belligeranti trattano direttamente. V'è il caso della mediazione armata, quando un terzo si offre mediatore, dichiarando che parteggerà contro quello che ricusi accettare le basi proposte.

Se il plenipotente è spedito nella residenza del nemico, non è ricevuto in udienza dal sovrano, ma presenta le sue credenziali al segretario di Stato. Poichè però sembra atto di sommessione questo recarsi nella capitale del nemico, spesso si sceglie per le trattative un luogo intermedio; il quale è dichiarato neutro, e immune da ostilità.

Se le cause della guerra sono complicate, si stabiliscono dapprima i preliminari, concernenti il modo di procedere, e le potenze che dovranno trattare, e talvolta le basi da cui partire. Talora si esigono condizioni preliminari, cioè la concessione assoluta di un punto, sul qual non deva nascere contestazione. Ciò viene stabilito ordinariamente per iscritto o per mediatori; laonde si è già d'accordo sopra gli articoli essenziali quando i plenipotenti cominciano le conferenze, nelle quali deducono le conseguenze e discutono le particolarità, affinchè alla pace preliminare succeda la definitiva.

Congresso chiamasi l'adunanza de' plenipotenti o dei re medesimi, per trattare di affari comuni ai governi ch'essi rappresentano. Le questioni di cerimoniale un tempo erano complicatissime, e consumavano mesi interi; ma il congresso di Vienna diede splendido esempio del passar sopra al cerimoniale, sedendo re e ministri a tavola rotonda.

Le negoziazioni si conducono per via di note e memorie, o di discussioni verbali, che consegnansi in processi verbali o protocolli. Un plenipotente talvolta espone un voto, cioè l'opinione del suo sovrano sopra un oggetto in discussione; e si fa in forma di note verbali o memorandum, senza introduzione nè conclusione nè cerimonie, esponendo lo stato della quistione, e dichiarando concisamente l'opinione che si adotta e le ragioni.

Il congresso si chiude coll'atto finale, che può essere un trattato; o un recesso generale, cioè una transazione comune che coordina fra essi i differenti trattati particolari; o una dichiarazione, come nel congresso di Lubiana; o una decisione arbitrale. Oggetto delle negoziazioni sono le differenze che accagionarono la guerra, salvo il caso che una parte sia soccombuta affatto, e non le resti che accettar le condizioni. Per agevolare le trattative si stabilisce una base, la quale poi si modifica. Base può essere o il possesso attuale (uti possidetis), ciascuno conservando quel che la vittoria gli diede, o il ristabilimento delle cose come prima della guerra (uti possidebatis, o status quo ante bellum), nel qual caso si distingue o il possesso effettivo (status quo de facto), o il possesso qual avrebbe dovuto, o che dovrà essere legittimamente (uti possidebitis, o status quo de jure), o coi compensi alla bell'e meglio si ragguagliano le differenze.

Qualora si complichino le domande e i reclami delle potenze, giova il chiedere la intera comunicazione delle pretensioni dell'avversaria, e palesare le proprie; modo di accordarsi, quand'anche alle prime sembri che si dissenta affatto. I plenipotenti tengono continuamente informato il loro governo de' protocolli.

Se non si può convenir della pace, si ripigliano le ostilità; ma il più de' congressi riescono a conclusioni pacifiche. In tal caso si stende lo stromento della pace. Questo si suol cominciare fra le potenze cristiane dal nome della santissima ed individua Trinità; seguono i nomi degli Stati o sovrani contraenti, l'esposizione sommaria dei motivi del contratto e dei principj e delle intenzioni dei contraenti; vengono poi i nomi e titoli de' plenipotenziarj.

A questa introduzione tengono dietro gli articoli generali, così detti perchè, senza decidere i punti contestati, si usano in tutti i trattati di pace, enunziando che la pace è ristabilita, a qual epoca cesseranno le ostilità, qual regola si osserverà per le contribuzioni di guerra imposte, il cambio dei prigionieri, l'amnistia.

Seguono gli articoli particolari, portanti le condizioni della pace, sui punti controversi, e le future relazioni delle parti contraenti. Degli articoli particolari, alcuni talvolta sono segreti, e non vi si dà pubblicità come agli altri. Si suole pure riconfermar i trattati antecedenti fra esse potenze in quanto non si oppongono al nuovo; e quest'uso generalmente introdotto induce a credere aboliti quelli che nominatamente non vengono confermati.

Se le potenze belligeranti erano molte, due possono far un trattato a parte, senza che obblighi le altre.

I coalizzati o conchiudono ciascuno paci particolari per se stessi, o fra tutti si fa una pace comune, che stendesi in numero sufficiente d'esemplari, o un solo stipula la pace, e si lascia aperto il protocollo, in modo che gli altri vi possano accedere. Le potenze ausiliarie possono da una delle principali esser comprese nel trattato, ottenendosi per esse la pace, l'amnistia, o anche particolari vantaggi: ma esse non sono considerate come contraenti, nè se ne esige una formale accettazione. Se qualche potenza protesta contro il trattato o qualche articolo di esso, invia ai contraenti un atto di gravame o di riserva.

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