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indicare. Laonde non parrà strano il derivare dal Celtico la voce Irna, che in Valle Imagna si adopera nel significato di Ellera: è notissimo, che la natura di questa pianta è di estendersi immensamente con una grande quantità di sarmenti, e probabilmente ebbe il nome dalla sua estesa diramazione, poichè Hirn in celtico vale Lungo, Esteso, Prolisso.

In Valle S. Martino il Giunco è chiamato Magós; in Celtico Mag-us varrebbe Paglia che nasce nelle acque stagnanti, e il giunco nasce appunto in luoghi paludosi. In questa stessa Valle l'acqua che si muove con grande agitazione e sempre circolarmente (Mulinello) è chiamata Redusa: nelle Mémoires sur la langue celtique di Bullet si trova registrato Reden nel significato di Correre rapidamente, come anche Red per Corre, e Us (Usa nell'antico sassone) per Acqua; onde Redus o Redusa varrebbe Acqua che corre rapidamente.

Nella Valle di Scalve, i rami del pezzo, dell'abete, del pino e di simili alberi sono chiamati Dase. Qualcuno vorrà derivare questa denominazione dal Greco Dasus, Irsuto; ma, considerando il grande uso che se ne fa per coprire capanne da pastori e da carbonari, si troverà ragionevole il derivarla dal Celtico Das, che vale appunto Ciò che copre (Ted. Dach, Tetto).

Pós è voce colla quale si indica il Colostro, cioè il primo latte delle vacche dopo il parto, il quale è assai più viscoso e grasso del latte propriamente detto. Questo nome gli potrebbe essere venuto dalla sua grassezza, poichè il Celtico Pos significa Grasso. (').

Un uomo malfatto, storpio, sbilenco in Val Gandino si chiama Garos, la qual voce si può forse tirare dal Gar-drös de' Celti, che significa Gamba storta (2).

Nella Valle Seriana ad una Massa grande piramidale di paglia o fieno si dice Bérla, la qual voce trova la sua radice nel Ber celtico, che vale Elevazione, Montagna.

I nostri rustici chiamano Bena certo loro veicolo fatto di vimini intrecciati, cui adoperano in molti usi. In Festo si legge : « Benna lingua gallica genus vehiculi appellatur, unde vocantur combennones in eadem benna sedentes. »>

Non sarà forse inutile ch' io faccia pure avvertire che i nostri pastori hanno comuni coi pastori di Champagne le voci Barbisa, Barec, Mesec, Tendráč, Tröcd, Vasif, ecc. (3).

(1) II Pusa di Valle Imagna per Colostro, ed il Pusa di Valle S. Martino per una cera vivanda falta col colostro hanno la stessa radice.

(2) Nel Celtico Garr, Gamba, hanno la loro radice anche Galů (Milan. Garón), Sgarla, Sgarlat, Sgarlet, Sgarleta, Sgurlu.

(3) I nostri pastori dicono talvolta Barbisa alla pecora; que' di Champagne hanno pure Berbis-In Valle di Scalve Barec è uno steccato nel quale rinchiudonsi le pecore; a Champagne Beric vale Pecorile Nella Valle Gandino Mesec significa Siero; il pastore

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I Galli Cenomani, circa due secoli avanti Cristo, divennero soggetti di Roma, e sarebbe soverchio il discorrere dell' influenza che i Romani esercitarono sulla lingua e sui costumi di quei popoli. Il latino diventò presto la lingua predominante; onde non saremo gran fatto meravigliati, allorchè troveremo ne' diversi luoghi di nostra provincia Agher per Campo, Albe per Truogolo, Camos per Laccio, Cola per Rapportare, Duld per Lisciare con coltello un pezzo di legno, Ilò per Li, Löcià per Piangere, Nöda per quel segno che fanno i pastori alle orecchie delle pecore, ecc. ecc.: nè saremo grandemente sorpresi quando in Val Gandino udremo pronunciare Pla, Planta, Platza, Plé, Plö, Plöf, ecc. (1). E allorquando penseremo, che fin presso ai nostri giorni si ebbero scritture latine, e che la Chiesa non ha ancora interamente cessato di parlarci latino, non meraviglieremo che il nostro popolo vada di continuo ripetendo: Ad quid, Circum circa, Ibis redibis, Gratis et amore Dei, Non plüs ültra, Omnia possum, Talis et qualis, Vinum veritas, ecc.

Oltre il Greco (2), si trova nel nostro dialetto un altro elemento, che rammenta il tempo in cui un' accozzaglia di barbari (i quali con vocabolo collettivo chiamaronsi Teutoni, poscia Germani) scese a devastare questa nostra cara Italia. I Goti, che qui erano scesi sulla fine del 400 condotti da Alarico, vi dominarono. settant' anni. Non dopo lunghissimo tempo i Longobardi, popoli anch'essi di razza germanica, traendo seco le intiere famiglie, calarono dalle Alpi (An. 568). Occuparono il Friuli, Vicenza, Verona, Padova, Mantova, Brescia, Bergamo, Milano, ed in meno di due anni furono padroni di quasi tutta l'alta e media Italia. Stabilironsi in queste contrade, vi durarono duecento trentadue anni, e, come

di Champagne dice Mesgue Noi chiamiamo Tendrač gli agnelli non aventi ancora sei mesi, ed in Champagne chiamano Tendron il vitello che abbia meno di sei mesi Il percuotere e ferire che fanno gli animali cornuti colle corna da noi è detto Troca; da quei di Champagne Treucher Vasif è chiamato l'agnello che è fra i due e i tre anni; in Champagne è detto Vassive il bestiame cornuto giovane. Ved. P. Tarbè, Recherches sur l'histoire du langage et des patois de Champagne, Reims, 1851 Ma più che in Champagne, il nostro dialetto trova riscontri nel Mezzodi della Francia; e l'affinità è tale da confermarmi nell'opinione, essere i dialetti dell' Alta Italia e della Francia meridionale gli anelli di congiungimento fra le nazioni italiana e francese. Continuerò cogli esempi:

Bergam. Arsela, Besenfi, Bofa, Büliga, Clossa, De scondi, Derösca, Gambisa, Gatigol, Gojat, Moés, Mula, Palféré, Pata, In setu, Sgogna, ecc. Provenzale Arceli, Boudenfle, Boufa, Boulega, Clussó, l'escoundoun, Desrusca, Cambis, Coutigo, Aguhiado, Mouis, Pau-ferre, Pato Guascone De setous, Escaugna. Quanto alle rassomiglianze fonetiche vedi più avanti.

(1) Lat Ager, Alveus, Camus, Collatum, Dolare, Illo, Lugere, Nota, Planus, Planta, Platea, Plenus, Plus, Pluere.

(2) Si notino: Ansés, Narciso: Gr. Anthos, Fiore Alef, Quel grasso che i polli hanno all'ano: Gr. Aleifar, Grasso; Aleifo, Ugnere Blamil, Manico della falce: Gr. Blemo, L'azione del gettare Boló, Bifolco: Gr. Bolos, Gleba, Campo Cort, Fieno della seconda segatura: Gr. Chortos, Fieno Drac o Dragú, Frana, Scoscendimento: Gr. Tracon, Luogo difficile, sassoso Ghinga, Strumento da pescare: Gr. Gangamon, Rete da pescare.

dice Macchiavelli, non ritennero di forestieri altro che il nome. Nella nota () fornisco piccolo saggio di voci, che paionmi eredità di quelle dominazioni.

Se non fosse per risparmiare ripetizioni di confronti, che sono già nel Vocabolario, vorrei addimostrare con esempi quanto il nostro vernacolo contenga di provenzale, francese e spagnuolo. Ed a provare come siasi verificata anche riguardo al nostro volgare la sentenza di G. B. Giuliani, che « ne' giudizii comuni cambiasi troppo spesso la lingua colla pronuncia, e da questa, secondo che sembra buona o rea, si fa la medesima ragione della lingua e del dialetto » potrei dare lunghissima lista di nostre voci e frasi, che sotto forma più gentile costituiscono la delizia di chi ha la fortuna di udirle sui colli e nelle città di Toscana. Però, a mostrare la grande parentela del bergamasco colla lingua scritta e parlata, ho tentato di provvedere a suo luogo nel presente lavoro; e se avrò fallito nel mio intendimento, si rimproveri me solo, che facendo troppo a fidanza colle mie forze, avrò mancato in impresa dalla quale altri avrebbero potuto uscire molto felicemente.

II.

Avendo di volo accennato a' varii elementi, che si incontrano. nel nostro volgare, è mio proponimento di spendere alcune parole anche intorno alla sua letteratura.

Quest'umile idioma appare in carte antichissime, che dal Muratori Bergamasco (piacemi di chiamare così il nostro Mario Lupo) ci vengono presentate in bell'ordine e con illustrazioni nel preziosissimo Codex Diplomaticus, dal quale raccolgo le seguenti citazioni: An. 755 In ipsa basilica casam unam tributariam in finibus ipsius castri bergomensis locus qui dicitur Calcinate quæ tunc regebatur per massarium.

An. 774 Insuper et volo ea habere orto meo in Bonnale prope era suprascripta basilica.

(1) In Val Gandino dicesi Besgid il Mordere che fanno le cose di sapor frizzante: Ted. Beissen, Mordere. Nella stessa Valle abbiamo Blac, Pallido (Fed. Bleich) Colz, Cenci (Ted. Kotze, Grossa coperta di lana) — Cril, Uggia, Odio (Ted. Gräuel, Esecra

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In Valle Imagna Schela signif. Campanaccio, ed in Ted. Schelle, Sonaglio. Nella Lex Selica a Carolo Magno emendata, Tit. XXIX, si legge: Si quis skellam de caballis fura

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Fra noi si dice anche Sbroid. Scottare con acqua bollente (Ted. Krühen)

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Piz, Cima d'una montagna (Ted. Spitze) Paissa, Esca (Ted. Speise, Cibo) Balela, Mendicare (Ted. Betteln) - Sbrega, Rompere (Ted. Brechen) Tocid, Intignere (Ted. Tauchen).

-

An. 875 Dare debeant pro unoquisque pane uno el carne vel formacilo.

An. 898

909

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948

» 972

» 973

» 1021

Quinque pecies de terra una curtiva cum casa et tegia.
Pecia vitata foris muro loco ubi dicitur Cornesello.
Prope civitate Bergamo loco ubi dicitur Ca Susana.
Copata nel signif. di Coperta di tegole.

Cum curte et orto seu broilo.

In vico et fundo Palatio loco ubi dicitur Cadrega.

» 1075 - Pelia una de terra vidata.... quæ pertineri videtur de capella Sancti Michali quæ dicitur de puzo.

An. 1148

-

Si ripa verobii rupta fuerit vel crodaverit (1), vel sariola expedite currere non possit.

-

An. 1171 Et tunc fuit calcata predicta terra de Valota.... et ibi fuit electus camparius de Valota.

In Istatuti del XIII secolo sono frequentissime le voci: Ad crossum ut ad minutum, Brentatores, Brosso, Bugallus, Coppos, De frumento non conzato, Et d'una socca non forata, Masnare, Marosserum, Rasoram, Sedazzum, Sgurare, Stopellus, Zapellus, ecc. Nel 1253 si trovano anche due composizioni poetiche, scritte in un volgare il cui fondo è bergamasco. Esse sono il Decalogo e la Salve regina; il primo incomincia:

A nomo sia de Crist ol di present
Di des comandamenti alegrament,
I quay de de pader onnipotent
A morses per salvar la zent. »>

E la seconda incomincia così:

« Dé ve Salve Virgena Maria

Che tut ol mond ol avi in baylia
Vo pregari quel vost fiol
Che in corp ol portassef senza dol,
Vo ol pregari per dolz amor
Per no e per tug i pecador.

>>

(2)

Il nostro vernacolo appare sempre più in Istatuti del XIV secolo, ed in poche composizioni poetiche dello stesso tempo: per

(1) A questa voce il Lupo fa la nota seguente: « Advertant quæso Bergomates verbum illud rupta fuit vel crodaverit, quod profecto prorsus vernaculum est, ut antiquitatem dialecti Bergomatis perspiciant.

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(2) Chi volesse leggere per intiero questi due componimenti vegga il lavoro sui Dialetti, Costumi e Tradizioni delle provincie di Bergamo e di Brescia studiati da G. Rosa.

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queste rimando il lettore all' opera citata di G. Rosa. In questo medesimo secolo un tal Raimondo da Bergamo voltò in volgare italiano il Tesoro di Brunetto Latini« con basso stile, ed uso frequente di voci prette bergamasche.» (1) Questo volgarizzamento è tra i Codici della Pubblica Libreria di S. Marco.

Nel 1550 venne in luce a Venezia, presso Augustino Bindoni, l'Orlando Furius de Misser Ludovic Ferraris novament compost in buna lingua de Berghem de ster vocabul Lombard adornat. Opera da piasi e da sgrigna profondament indirizat dal Gobno da Venesia a M. Pasqui saura tutti duttur plus quam perfetto. Qui mi piace di aggiungere, che negli Annali delle edizioni dell' Orlando Furioso, compilati da Ulisse Guidi, si trovano notate anche le due traduzioni seguenti:

Rolant Furius de Mesir Lodevic di Arost in lengua bergamasca per el Zambo de Val Briombana ;

Roland Furieus de Mesir Lodovic di Ariost Stramudat in lengua Bergamasca per il Dottur Zanul de Milan indirizat al Sagnor Bartolomé Minchiò da Berghem so patrò. Quest'è senza alcuna nota di stampa, ed è la traduzione del solo primo canto. Era nella libreria Reina, acquistata da P. A. Tosi, e passò in Inghilterra.

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Nel 1558, presso Domenico Giglio di Venezia, furono stampate Le piacevoli notti di Messer Giovan Francesco Straparola da Caravaggio (2). Alla fine della Favola II della Notte V trovi scritto: Questa ultima sera della settimana è molto privilegiata, et è lecito a ciascuno dire ciò che li piace. Laonde per contentamento nostro, e di questa horrevole compagnia, vorressimo che voi ne raccontaste una favola alla Bergamascha con quel buon modo, et con quella buona gratia, che voi siete solito di fare. » Quindi Molino, cedende alla richiesta, racconta alla bergamasca la III favola, della quale non tornerà forse discaro l'avere qui sotto un saggio (5).

Nel 1574 si stamparono a Brescia i Tumuli tum Latina, tum Etrusca, tum Bergomea lingua compositi et temporis ordine collocati,

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(1) Hiblioteca Manoscritta di F. G. Farselti. Venezia, 1771.

(2) Erano già state stampate in Venezia nel 1550 e 1854 da Comin da Trino. (3) Durum est, piasevõi madonni et gratiosa signora, a torni a di, durum est contra stimulam calcitrare, che vé a di, che l'è trop dura cosa un calz d'un asenel, ma assé piú duro un calz d'un caval, e per quest, se la fortuna ha volut che branchi lal imprisa da rasonà, pacenza, al è lu mei ubidi che santificà, che l'ostinatio vé da mala part, e se no i ostinadi va a cha dol diaol. Et sa nof disis cosa, che fus de vos content, no 'm dé la colpa a mi m'alla Signora cola c'ha volut ixi, e spessi Eadi l'huom cercand quel che no de, ol ghe intravé e ol trova quel ch' al no crè, eixi roma co li ma pieni de moschi, com fè (za fu temp) Zambo fiol de Bertold de -Valsabbia, che cercand d'osellà do so fradei, i so do fradei l'osella lu. Ben che a la fituce tri malament moris, com a intenderi sa me impresteri ol bus di orecci, e co la ment e col cervel stari à scoltà quel c'ho da di nel present mio rasona. »

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