Images de page
PDF
ePub

I convogli impiegarono in media nel viaggio una dozzina di giorni. Alcuni legni si fermarono uno o due giorni a Costantinopoli; altri anche a Malta; i più tirarono dritto fino a Balaclava. Il tempo fu generalmente favorevole.

Tutto il corpo di spedizione s'imbarcò a Genova, salvo i battaglioni della brigata Casale, che salparono da Villafranca e quelli della brigata Savona, che mossero dai porti della Sardegna (Allegato N. 8).

Il 28 aprile (tre giorni dopo la partenza delle prime truppe) partiva da Genova il comandante in capo generale Alfonso La Marmora, con la massima parte del suo quartier generale a bordo del regio piroscafo Governolo, e prima di partire emanava per le sue truppe il seguente ordine del giorno:

« Ufficiali, sottufficiali e soldati !

L'alleanza che il nostro Augusto Sovrano strinse colla* Francia, coll' Inghilterra e colla Turchia ci chiama a combattere una guerra grande e generosa. Avremo a fronte un nemico forte e potente, ma saremo a fianco di valorosi eserciti che già tramandarono, celebri alla storia, i nomi di Silistria, Alma, Balaclava ed Inkerman. Fra pochi giorni noi saremo con essi e gareggiando in coraggio, fermezza e disciplina, cercheremo imitarli nella costanza di cui diedero eroiche prove.

<< I lidi sui quali portiamo le nostre armi risuonano ancora delle gesta e delle vittorie dei Reali Principi di Savoia e ci rammentano l'intraprendenza della marina genovese.

<< La patria aspetta da voi un compenso a' suoi tanti sacrifizi; aspetta di veder ritornare gloriose quelle bandiere benedette che il Monarca vi rimise con si commoventi parole. I vostri compagni, dolenti di non potervi accompagnare, confidano che accrescerete la rinomanza del patrio esercito, e ciascuno quella del proprio corpo.

« La nostra brava marina è lieta di esporsi pur essa a pericoli e fatiche per concorrere a questa spedizione.

<< Soldati! Giuriamo di non fallire a tante speranze, e di

provare che un esercito italiano è degno di combattere in questa gran lotta.

« Viva il Re! Viva la patria!

<< Genova 28 aprile 1855 ».

In quel giorno era a Genova il conte di Cavour, che accompagnò La Marmora fino allo scalo d'imbarco, conversando con lui in modo animatissimo. La Marmora voleva istruzioni precise sul modo di regolarsi col comandante delle truppe inglesi, del quale non amava essere nè figurare dipendente. Sul punto di lasciarsi La Marmora gli domandò risolutamente: << ma insomma mi vuoi dare queste benedette istruzioni? » Al che Cavour rispose: « ingegnati » (1). Indi abbracciandolo soggiunse: «Fortuna a te, ai nostri soldati, al paese ».

Come La Marmora si sia ingegnato lo vedremo in appresso. Qui abbiamo voluto notare quest' aneddoto per dire che la posizione del nostro corpo e del suo comandante 'rispetto al comando inglese non era ben determinata e che si deve al tatto di La Marmora ed alla squisita gentilezza dei comandanti inglesi se, da questo peccato d'origine, forse inevitabile, non vennero spiacevoli attriti.

Dopo una traversata senza incidenti d'importanza il Governolo giungeva il 5 maggio a Costantinopoli, dove già si trovavano vari legni carichi di truppe e di materiali del corpo di spedizione. Quivi il generale La Marmora ricevette il già accennato dispaccio di lord Raglan, comandante delle truppe inglesi, che lo invitava a proseguire colle sue truppe il viaggio per la Crimea e sbarcare nel porto di Balaclava; contemporaneamente ne ricevette un altro nel medesimo senso dal governo di Torino; in conseguenza di che, spedi subito ordine ai vari legni di proseguire fino al detto porto. Il Governolo però fermossi due giorni a Costantinopoli.

Fino dal momento dell'arrivo era venuto a bordo il barone Tecco, nostro incaricato d'affari presso la Sublime Porta, il generale De Cavero, intendente generale del corpo di spe

[blocks in formation]

dizione e il generale Paullet, comandante delle truppe inglesi a Costantinopoli e dintorni. Ciascuno di questi nella sua rispettiva qualità, aveva dato al generale La Marmora, tutte le notizie che gli occorrevano.

Il comandante del corpo di spedizione lodò il De Cavero della sua attività ed energia, e lo assicurò che a Torino si comprendevano benissimo le difficoltà che aveva dovuto e doveva ancora superare, e ciò riuscì di gran conforto all'intendente generale. Il giorno 6, accompagnato dal barone Tecco, si recò a far visita al Ministro degli affari esteri del Sultano. Il mattino del 7 parti anch'esso per Balaclava. Passando davanti Jeni-Koi (a un'ora di distanza da Costantinopoli, il generale fece arrestare il legno e scese a terra per visitare l'ospedale e i magazzini sardi stabiliti in detta località e ne fu contentissimo; dopo tre ore di sosta riprese il viaggio e prima del tramonto giunse in vista della Crimea. La sera del giorno seguente era dinnanzi a Balaclava, e mandava subito a telegrafare a Torino la notizia dell' arrivo. Altre 6 navi cariche di truppa erano giunte quasi contemporaneamente.

Si pernottò in rada, non potendosi entrare nel porto per il gran numero di bastimenti che l'ingombravano. All' indomani, 9 maggio 1855, usciti altri bastimenti, il Governolv entrò e il generale La Marmora scese a terra.

Fino dalle prime partenze erano stati inviati in Crimea dei commissari presso le armate alleate; cioè ufficiali che servissero di organo tra il comando del nostro corpo di spedizione e quello dei corpi francese ed inglese. Come tale, presso il quartier generale francese, venne destinato il capitano Thaon di Revel e presso il quartier generale inglese il capitano San Marzano, entrambi d'artiglieria. I francesi dal canto loro inviarono commissario presso il comando delle truppe sarde il capitano Dino della legione straniera, che aveva combattuto con noi alla battaglia di Novara, e gl'inglesi il colonnello Cadogan delle guardie.

Più tardi vi fu pure uno scambio di commissari fra il nostro quartier generale e quello turco.

V.

Provvedimenti amministrativi. - L'incendio del CRESUS.

Abbiamo già visto che una parte degli approvvigionamenti era partita coi convogli di truppa; altri legni carichi di viveri e materiale li avevano preceduti, altri li seguirono. La prima intenzione del governo era stata d'inviare, contemporaneamente o quasi contemporaneamente, alle truppe viveri per tre mesi e foraggi per venti giorni; ma difficoltà impreviste, considerazioni di varie specie e un disgraziato caso fecero variare queste proporzioni. Si finì in ultimo col fare alla meglio, secondo i mezzi disponibili e i bisogni più urgenti.

Grandi quantità di viveri, foraggi e materiale da campo erano state raccolte. L'intendenza (commissariato) s'era mostrata diligentissima; la commissione degl'imbarchi avea prestabilito tutte le misure necessarie perchè queste operazioni procedessero ordinatamente; ma la difficoltà principale consisteva, come abbiamo già detto, nel trovare legni a prezzi non favolosi e adatti a questo genere di trasporti. Imperocchè si voleva caricare ogni bastimento in modo che contenesse tutti i generi occorrenti per un dato numero di razioni complete, e ciò allo scopo di facilitare la distribuzione dei generi al luogo di sbarco.

Smessa l'idea dei tre mesi di viveri, si decise che almeno (oltre i viveri che la truppa avrebbe portato con sè, i quali non potevano essere molti), 600 mila razioni di viveri, una certa quantità di foraggi e il materiale necessario per costruire i ricoveri assolutamente indispensabili si trovassero sul luogo prima dell'arrivo del grosso del corpo di spedizione.

A quest'uopo, con grande fatica, si era riusciti a noleggiare alcuni bastimenti a vela e due vapori, il Nubia ed il Croesus. E quasi inutile osservare che non esistevano allora nel piccolo regno grandi società di navigazione a vapore, le quali potes

sero dare un valido sussidio, mentre le società inglesi e francesi che facevano i viaggi d'Oriente erano già tutte a servizio dei rispettivi Governi.

Sul Cræsus, legno inglese di grandi dimensioni, si faceva il maggiore assegnamento. Vi si caricarono sopra 450 mila razioni e molto altro materiale. Vi presero pure imbarco una certa quantità di ufficiali, funzionari e truppa che, per speciali incarichi, conveniva si trovassero sul luogo prima dell'arrivo dei corpi, cioè, quattro ufficiali del genio, quattro del corpo sanitario, otto dell'intendenza, uno del treno, uno degl' infermieri, un farmacista, in totale 36 tra ufficiali e funzionari; inoltre 244 sottufficiali e soldati di varie armi, specialmente del genio, delle sussistenze, degl' infermieri e del treno; più vari cavalli e muli.

Questo vapore dovea partire il 21 aprile e rimorchiarsi appresso il Pedestrian, legno a vela carico di foraggi. Così sarebbero giunti sul luogo di sbarco, allora non per anco designato, avanti dei primi distaccamenti di truppa. Ma circostanze impreviste fecero procrastinare la partenza fino al giorno 24.

All'alba di questo cominciarono i preparativi; alle 6 il Crœsus uscì dal porto e, siccome il Pedestrian ritardava, gli fece segno che si affrettasse. Giunse il Pedestrian spinto dal vento e il Croesus gli si accostò mosso dal vapore; ma mentre i marinai di una nave e dell' altra si accingevano a legarle tra loro, fosse per falsa manovra di questa o di quella o di ambedue, le navi vennero l'una sopra l'altra, confasero pennoni e cordami, si urtarono con grande scossa.

Fu un momento di grande panico; ma presto si vide che le avarie non erano gravissime. Si limitavano ai cordami a parti secondarie dell'alberatura; in poche ore venivano riparati e prima delle 10 antimeridiane le due navi si mettevano in rotta per la loro destinazione.

Era una bella giornata, il mare tranquillissimo; i legni costeggiavano la splendida riviera; i soldati avevano avuto allora la distribuzione dei viveri e mangiavano allegramente, quando fu avvertito a bordo del Croesus un principio d'incendio. L'urto col Pedestrian aveva sconnesso i fornelli della mac

« PrécédentContinuer »