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all'arrivo dei piemontesi in Crimea. Qui vogliamo dire come il Piemonte entrò nell'alleanza e prese parte alla guerra.

Esso non era direttamente interessato nelle questioni che si dibattevano, ma l'ardita politica nazionale iniziata dal suo governo richiedeva che si cogliesse ogni occasione per acquistare al piccolo Stato, che rappresentava l'Italia, la simpatia delle potenze occidentali e il diritto di far sentire la propria voce nei Consigli dell'Europa. L'occasione era giunta e grande; nè gli uomini che governavano il Piemonte erano tali da lasciarsela sfuggire.

Sulla fine dell'anno 1854, francesi ed inglesi sotto Sebastopoli si trovavano stremati d'animo e di forze; dopo lunghi lavori d'assedio, micidiali battaglie e inutili tentativi d'assalto, avevano dovuto convincersi che l'impresa d'impadronirsi di quella città e fortezza era molto più ardua di quanto si sarebbe potuto credere. Alla resistenza dei russi si aggiungevano la rigidezza del clima, gli scarsi approvvigionamenti di tende, di vestiario, di legna, di viveri, ecc. ecc.; chè, nè gli ostacoli, nè i bisogni erano stati tutti preveduti. I comandanti degli eserciti alleati reclamavano altamente ai loro governi uomini e provvisioni d'ogni specie.

Nel mese di novembre di quell'anno un terribile uragano aveva danneggiato le flotte alleate ed affondato molte navi cariche di viveri, di foraggi, di oggetti di vestiario. Nei campi tutto fu sossopra: tende, baracche, uffizi, ospedali, magazzini. I soldati ebbero non poco a fare, i giorni appresso, per raccogliere e rimettere in piedi quegli avanzi quasi di naufragio. Poi venne il freddo che andò gradatamente crescendo. In principio di gennaio 1855 la neve copriva ogni cosa e le truppe mal riparate soffrivano molto.

« Si guardava (dice il generale Niel nella sua relazione) con viva ansietà l'abbassarsi del termometro. La rigida tramontana poteva portarci via in una notte tutta la guardia delle trincee ».

Il numero degli ammalati era considerevole e gl' inglesi, poco assuefatti ai disagi, soffrivano anche più dei francesi. Spesso mancava la legna; i soldati non solo non potevano scaldarsi, ma dovevano mangiare alimenti freddi; quindi le

malattie infierivano, specialmente fra gl'inglesi, in modo spaventoso, L'Inghilterra aveva spedito in Crimea 54 mila uomini; al 18 gennaio 1855 ne restavano appena 17 mila, dei quali, solo 12 mila in grado di prestare servizio alle trincee.

Sulla fine di gennaio terminò un flagello e cominciò un altro: lo sgelo. Le comunicazioni furono interrotte; i parapetti franavano; i cannoni affondavano sulle piazzuole. Per poco che le cose fossero durate in quelle condizioni e i russi avessero ricevuto qualche rinforzo, gli alleati potevano essere rigettati in mare.

Le notizie di questa situazione, date dai corrispondenti dei giornali, commossero l'opinione pubblica in Francia e in Inghilterra, e questa spinse i governi ad affrettare quei provvedimenti che fin allora avevano proceduto troppo lentamente, malgrado i rapporti dei comandanti di truppa. Con gravi sacrifici pecuniari, la Francia riuscì ad inviare, con qualche sollecitudine, in Crimea i rinforzi e le provvisioni necessarie; l'Inghilterra, spendendo anche più della Francia, riuscì ad inviarvi provvisioni esuberanti, ma non una forza numerica sufficente per assegnare al corpo di spedizione inglese, nelle operazioni militari, una parte proporzionata alla francese. La Francia si lagnava di dover sostenere il pondo maggiore di una guerra in cui non aveva il maggiore interesse, e l'Inghilterra se ne sentiva umiliata.

In questa condizione di cose, che per l'indole sua tendeva a farsi sempre più difficile, il governo d'Inghilterra e contemporaneamente quello di Francia si decisero ad invitare il Piemonte perchè entrasse nell'alleanza. Un corpo di 15 mila piemontesi, mantenuto al completo sotto le mura di Sebastopoli, era un aiuto non disprezzabile anche per potenze come la Francia e l'Inghilterra. Ma era per il Piemonte un sacrifizio enorme, e per farlo accettare non ci voleva meno che la fede istintiva del Piemonte nella propria missione e la chiaroveggenza degli uomini che stavano alla testa del governo.

Il 26 gennaio 1855 il Re di Sardegna stipulò con la Regina d'Inghilterra e coll'Imperatore dei francesi una convenzione mediante la quale il Piemonte aderiva al trattato di alleanza già conchiuso tra l'Inghilterra e la Francia contro la Russia

(Allegato N. 1); più una convenzione militare, per la quale il Re di Sardegna si obbligava di fornire pei bisogni della guerra un corpo d'armata di 15 mila uomini e di mantenerlo a numero mediante l'invio successivo e regolare dei rinforzi necessari. L'Imperatore dei francesi e la Regina d'Inghilterra garentivano l'integrità degli Stati Sardi e s'impegnavano a difenderli da ogni attacco per tutta la durata della guerra (Allegato N. 2).

Con una terza convenzione sotto la medesima data, la Regina d'Inghilterra s'impegnava di anticipare al Re di Sardegna, mediante imprestito, un milione di sterline, in due rate ed altra eguale somma se la guerra avesse durato più di dodici mesi dallo sborso della prima rata; s'incaricava inoltre del trasporto gratuito delle truppe sarde (Allegato N. 3).

Dicesi che le offerte pecuniarie dell'Inghilterra (vincolate a date condizioni) andassero anche più oltre e si estendessero fino al mantenimento delle truppe; ma il governo del Re non credette di doverle accettare, perchè le truppe piemontesi non paressero truppe assoldate. Se le condizioni finanziarie del paese fossero state più prospere, non si sarebbe accettata neppure l'anticipazione di fondi, nè il trasporto gratuito.

Lo stesso giorno 26 gennaio queste tre convenzioni furono dal Governo del Re presentate al Parlamento. Il conte di Cavour, ministro degli esteri, le fece precedere da una relazione in cui sta il seguente brano.

« La neutralità, talvolta possibile alle Potenze di prim'ordine, lo è rare volte a quelle di secondo, ove non sieno collocate in circostanze politiche e geografiche speciali. La storia però raramente ci mostra felice la neutralità, il cui men triste frutto è, farvi, in ultimo, bersaglio ai sospetti od agli sdegni di ambe le parti. Al Piemonte poi, cui l'alto cuore de' suoi Re impresse in ogni tempo una politica risoluta, giovarono assai più le

alleanze.

<< Il Piemonte è giunto a farsi tenere in conto dall' Europa, più che non sembrerebbe chiederlo la sua limitata estensione, perchè, al giorno del comune pericolo, seppe sempre affrontare la sorte comune: come altresì perchè, nei tempi tranquilli, fu ne' Principi di Savoia la rara sapienza di venir passo

passo informando le leggi politiche e civili ai nuovi desideri e ai nuovi bisogni, naturale conseguenza delle incessanti conquiste della civiltà.

« Potè, è vero, a quando a quando, venir per poco travolto dalla furia degli eventi; ma, se cadde, risorse; ma non mai fu tenuto in dispregio o posto da canto; non mai fu spezzato il vincolo che lo lega ai suoi Re, e trovò sempre la sua salute nella fiducia e nella stima che aveva saputo ispirare.

« Nuovo attestato d'ambedue fu la proposta di un'alleanza venuta al Governo del Re da parte di quelli della Regina Vittoria e dell'Imperatore dei francesi.

<< Gli esempi della storia, l'antiveggenza del futuro, le nobili tradizioni della Casa di Savoia, tutto si univa a scostare il Ministero da una politica timida, neghittosa, e condurlo invece per l'antica via seguita dai padri nostri, i quali conobbero la vera prudenza stare nell'onore di essere partecipe ai sacrifizi e ai pericoli incontrati per la giustizia, onde essere a parte poi della cresciuta riputazione, ovvero del beneficio dopo la vittoria.

« D'ordine del Re, che in questa occasione, come sempre, si mostrò pari alla grandezza degli eventi e alla virtù della sua Casa, venne fatta formale accessione al trattato del 10 aprile 1854, ed insieme furono strette due convenzioni dirette a regolare il modo di concorso da prestarsi dalla Sardegna in dipendenza di quell'atto.

<< Veniamo ora a sottoporle alla vostra approvazione.

<< Frutto di una prudenza che tende all' ardito e al generoso, confidiamo che questo trattato possa ottenere il vostro assenso, assai meglio che non l'avrebbe, se fosse invece suggerito da una prudenza timida e corta calcolatrice.

« Voi, eletti di un popolo ch'ebbe sempre un cuor solo coi suoi Principi, ove li avesse a seguire sulla via del sacrifizio e dell'onore, non potreste avere in cuore diverso sentire.

« Alla croce di Savoia, come a quella di Genova, sono note le vie dell'Oriente; ambedue si spiegarono vittoriose su quei campi, che rivedono oggi rifuse in una sola sui colori della nostra bandiera. Posta ora fra gloriosi stendardi d'Inghilterra e di Francia, saprà mostrarsi degna di così alta compagnia,

e la benedirà quel Dio che resse da otto secoli la fortezza e la fede della dinastia di Savoia ».

Non diremo il fermento che ne venne in paese, nè le polemiche nella stampa, nè le dispute in pubblico e in privato. Da una parte s'intravedeva nell' ardita politica del Governo gloria e fortuna avvenire per il Piemonte e per l'Italia; dall'altra non si vedevano che pericoli e sacrifizi immediati. La discussione nelle aule parlamentari fu lunga, viva, memorabile per la nota elevata e patriottica, e per le buone ragioni che non mancavano nè da una parte, nè dall'altra.

La conclusione del lungo dibattito alle Camere, aspettata ansiosamente non solo negli Stati del Re di Sardegna, ma in tutta l'Italia, che pendeva dal Parlamento di Torino, fu quale il patriottismo, il senno, il valore del Re, del suo Governo, delle popolazioni sardo-liguri-piemontesi e gl' interessi nazionali richiedevano le convenzioni furono approvate.

Il giorno 8 marzo 1855 veniva pubblicato il seguente articolo di legge.

<< VITTORIO EMANUELE II, ecc. ecc.

<< Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato; « Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: << Il Governo del Re è autorizzato a dar piena ed intera esecuzione alla Convenzione militare stipulata il 16 gennaio scorso con S. M. la Regina del Regno Unito della Gran Bretagna ed Irlanda, e S. M. l'Imperatore dei francesi, ed alla Convenzione supplementaria firmata nello stesso giorno con S. M. Britannica.

« VITTORIO EMANUELE

<< C. CAVOUR ».

Quattro giorni prima della promulgazione di questo articolo di legge, il governo del Re aveva pubblicato un manifesto ai popoli del Regno (Allegato N. 4), nel quale erano spiegate le cause della guerra che si combatteva in Oriente e le ragioni

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