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come la sera antecedente, una brigata a destra, una a sinistra. Prima di notte, un gran fuoco d'artiglieria aveva preparato l'attacco. Non potendo più calcolare sulla sorpresa, fu ottima e naturale idea questa preparazione.

I russi però non accettarono una seconda battaglia in condizioni che, se non erano svantaggiose, erano pari; si difesero debolmente sui parapetti, solo quanto era necessario per incitare i francesi ad entrare nelle opere; poi sparvero e contemporaneamente aprirono contro le opere stesse un fuoco vivissimo dall'artiglieria della piazza. I francesi si ripararono alla meglio e il grosso si ritirò, ma non le abbandonarono del tutto; anzi, lavorando quella notte e nelle seguenti, in parte. le distrussero e in parte le volsero contro il nemico.

Il generale Pélissier aveva raggiunto il suo scopo, ma a caro prezzo: 2300 uomini fuori combattimento. È vero che i russi aveano avute perdite anche maggiori; forse per il gran numero di lavoratori che la prima notte di combattimento servirono da bersaglio.

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L'onore di questi combattimenti fu tutto francese (1). Nè inglesi, nè turchi vi ebbero la menoma parte. I nostri, dal campo di Karani, sentivano il cannoneggiamento, ma non sapevano nemmeno di che si trattasse. In qualche diario particolare, la notte dal 23 al 24 maggio è segnata così: (2) << grande cannoneggiamento. Debbono essere i francesi che battono il forte della Quarantena. » Esattamente informato di tutto era però sempre il generale La Marmora, come apparisce da' suoi rapporti al Ministro della guerra, molto particolareggiati e concordi con quanto si riconobbe vero dagli storici che scrissero posteriormente.

(1) Si noti però che, nella legione straniera, gl'italiani erano numerosissimi. (2) CERESA DI BONVILLARET. Diario della campagna di Crimea.

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Roux,

Torino.

X.

Relazioni gerarchiche tra i vari comandanti.
Ricognizione nella valle del Baidar.

Lo stesso giorno, 23 maggio, nella cui sera vennero occupate le opere russe delle quali abbiamo sopra parlato, si diedero le disposizioni per il movimento offensivo verso l'esterno, cui aveva accennato il generale La Marmora nel suo rapporto del 19. La natura, la direzione e lo scopo del movimento sono determinati da questo sunto di lettera diramata dal generale Martimprey, capo di stato maggiore del generale Pélissier, ai capi di stato maggiore degli eserciti alleati:

«È stato disposto che domani 24, a punta di giorno, il generale Canrobert, con due divisioni di fanteria, colle loro batterie, più cinque batterie a cavallo ed una da montagna e venti squadroni di cavalleria, discenda nel piano di Balaclava per occupare le alture della riva sinistra della Cernaia. In quest'operazione gli avamposti russi saranno ricacciati, sia che disturbino la presa delle posizioni suddette, sia che restino minacciosi contro ad esse.

<< Il concorso degli alleati consisterà:

« 1° Nello stabilire truppe turche (fanteria, cavalleria ed artiglieria) sulla linea delle ridotte che fiancheggiano la strada di Woronzof nel piano di Balaclava;

<< 2° Nello stabilire davanti a Balaclava, verso il nemico, un corpo di cavalleria inglese, che prolunghi la destra della truppa ottomana fino alle colline di Kamara;

<< 3° Nell'occupazione del versante di Kamara per parte del corpo sardo, che coprirà lo sbocco della strada di Baidar e si estenderà verso Ciorgun, al confluente dello Sciuliù colla Cernaia >>.

Come si vede, scopo del movimento era anzitutto quello di far retrocedere gli avamposti russi che, fino dal principio del

l'assedio, occupavano, sulla sinistra della Cernaia, alcune alture che dominano Balaclava e da cui, mediante canocchiali, potevano spiare ogni movimento nell' interno di Balaclava stessa. Con ciò si otteneva di allargare la cerchia della linea d'osservazione e procurarsi quello spazio, quell'aria, che voleva il generale Pélissier; si otteneva pure libero accesso nella valle del Baidar, ricca di foraggi, d'erbaggi, di frutta d'ogni specie. Il movimento progettato pel 24 maggio fu poi rimandato al giorno appresso.

Qui giova dire una parola sulla rispettiva posizione dei comandanti degli eserciti alleati. Il francese, l' inglese e il turco erano indipendenti l'uno dall'altro ed avevano, teoricamente parlando, diritti pari; ma effettivamente, siccome il comandante francese disponeva del grosso delle forze, il suo parere preponderava nei consigli in cui si decidevano le operazioni e nel modo di eseguirle. I francesi si facevano sempre la parte del leone, e lo diciamo a loro onore, perchè non, si trattava di preda, ma di battaglia. Le loro comunicazioni (come apparisce dalla surriferita lettera del generale Martimprey, che può servire d'esempio), avevano tutte l'aria di dire: abbiamo disposto così; se vi piace, va bene; se non vi piace, faremo da noi. La parte degli alleati era chiamata concorso. Non sappiamo quanto la cosa andasse a versi del comandante turco, certo pesava all'inglese; ma non c'era rimedio, perchè l'attitudine del comandante francese (a parte lo spirito invadente della razza) era giustificata dall'avere egli più forze che tutti gli altri insieme.

Il corpo sardo era considerato dagli alleati come un'appendice del corpo inglese, e quindi il generale La Marmora come dipendente da lord Raglan. Non abbiamo avuto sott'occhio alcun documento in cui queste relazioni di comando e di dipendenza sieno determinate; forse lo sono in qualche documento diplomatico, forse non lo sono in alcuno; ma che la cosa fosse così, si deduce da una circostanza caratteristica e decisiva: tutte le comunicazioni che importavano movimenti di truppe sarde per qualsiasi motivo, o partivano direttamente dal quartier generale inglese, o, se partivano dal francese, erano fatte pervenire al generale La Marmora per mezzo del quartier ge

nerale inglese come per via gerarchica. Questo almeno avveniva in principio, poi cadde in disuso. Così per mezzo del quartier generale inglese, ricevette La Marmora la comunicazione del generale Martimprey (1).

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Però tutte le comunicazioni che non importavano ordini erano fatte direttamente dal generale Pélissier al generale La Marmora. Così vediamo che gli dà comunicazione della presa delle opere russe, il 22 e il 23 maggio, con lettera del 24 che è probabilmente un secondo originale di quella inviata al quartier generale inglese. E lo fa supporre non solo il vedere che può servire per l'uno come per l'altro, ma pure il fatto che fu scritta interamente lasciando in bianco l'indirizzo; il che dimostra che ne vennero fatte parecchie copie. L'indirizzo è di carattere del generale Pélissier e dice: « A S. E. il Comandante in capo dell'armata piemontese. »

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Anche le comunicazioni fatte pervenire per mezzo del comandante inglese, erano spesso direttamente e contemporaneamente inviate al La Marmora in via amichevole; nelle comunicazioni inglesi poi era evitata ogni parola che potesse menomamente urtare la suscettibilità più ombrosa. Si aggiunga che il La Marmora era ammesso a paro con gli altri capi in tutti i consigli; sicchè, se dipendenza c'era, egli poco la sentiva e i suoi subordinati non avevano campo di accorgersene. Cavour, alla partenza, gli aveva detto ingegnati; la stima e la simpatia che il La Marmora seppe subito ispirare, gli facilitarono il compito più che egli non avrebbe creduto.

A ciò si aggiunga il contegno della nostra truppa in ogni circostanza e la fama di valore che l'avea preceduta. Fino dai primi giorni del suo arrivo il La Marmora ebbe ad accorgersi dell'importanza che gli stati maggiori dei corpi alleati annettevano al corpo sardo; onde in un suo rapporto al Ministro della guerra scriveva:

(1) Il generale Niel, nella sua opera Siège de Sébastopol (pag. 225), annunzia l'arrivo del corpo piemontese nel modo seguente:

«È giunto il generale La Marmora con un corpo d'armata sardo. Questo corpo formante un effettivo di 15 mila uomini è posto sotto gli ordini del comandante dell'armata inglese. >>

« Da quanto si può giudicare fin d'ora, la nostra posizione, rispetto alle armate alleate, sembra buona, e quello che apparisce in modo evidente si è che tanto l'armata inglese, quanto la francese, vedono di buon occhio il nostro arrivo ed apprezzano in alto grado il rinforzo che loro rechiamo. »

L'effettivo del nostro corpo, per i continui arrivi, andava ogni giorno aumentando; il generale La Marmora, che ancora pochi giorni prima mostravasi preoccupato e dolente di non poter prendere parte al movimento in qualunque direzione si facesse, aderi assai volentieri (sono sue parole) all'invito contenuto nella lettera del quartier generale francese e ripetutogli verbalmente dal comandante inglese.

Il 22 maggio, si trovavano già sbarcati in Crimea più di 9000 uomini, 1250 cavalli, 180 carri. (1) Il 24, il generale La Marmora emanò un ordine del giorno, nel quale era specificatamente indicato quali riparti delle nostre truppe dovessero concorrere all'operazione, come formarsi in riparti maggiori, dove radunarsi, ecc., ed erano date minute disposizioni relativamente ai viveri, ai foraggi, ai carri d'ambulanza, ai distaccamenti che dovevano occupare, nel campo di Karani e a Balaclava, i posti lasciati vuoti dai partenti.

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Conforme a quest'ordine del giorno e alle disposizioni date dagli alleati per quanto riguardava le loro truppe, la ricognizione ebbe luogo il 25.

Il corpo di ricognizione fu diviso in tre colonne : quella di sinistra, agli ordini del generale Canrobert, era composta esclusivamente di truppe francesi, cioè due divisioni (Canrobert e Brunet), appoggiate come venne sopra indicato nella lettera del capo di stato maggiore francese. Questa colonna scese dall'altipiano nella valle della Cernaia; allo spuntare del giorno

(1) La situazione del 20 maggio conta uomini 8414, cavalli 939, carri 115: quella del 30 successivo conta uomini 11 863, cavalli 1784, carri 235. Nel frattempo erano avvenuti gli sbarchi indicati nell'Allegato N. 8 e giustificano le differenze. Le cifre dei cavalli e dei carri presenti in Crimea differiscono notevolmente da quelle dei carri e cavalli imbarcati: ciò segna le perdite dei quadrupedi che furono numerose, e bisogna rammentare che una parte del materiale rimase a Costantinopoli.

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