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sta pria di quella, e sovente nè l'una nè l'altra.

Ora manifesto apparisce a chi ben vuole por mente, come dal primo passo si travalicò tosto al secondo, voglio dire, come il segno della proprietà generale di tutti gli enti, quello cioè dell' esser loro semplicemente, mediante il quale sono, (che il nome in se comprende) fu creato o, per dir meglio, da se stesso all' uom parlante s'offerse. In fatti non vuol ragione ch' altri possa concepir l'idea d'un ente qualunque, verace o finto, scompagnata da quella dell' esser suo presente, passato, o futuro; imperocchè, se altrimenti fosse, potrebbesi dir di lui ch' egli è e non è ad' un'ora ; il che è fuori d'ogni possibilità, per la contraddizione che nol consente. Pertanto il secondo segno della favella articolata, quello il cui uffizio si è d'accennar l'idea d'esistenza assoluta d'ogni qualsivoglia ente, ossia il verbo essere, è stata una necessaria seguenza della creazione del primo, siccome ogni effetto di sua causa, nè d'altro si è l'uom dato briga però, se non della forma materiale del segno medesimo. Ma convien credere che, lungo tratto innanzi alla material sua forma, esso segno, siccome in ogni suggetto vero o immaginato naturalmente contenuto, siasi nel discorso sottinteso ; strignendosi quei che da prima parlarono a dir semplicemente pomo, del costrutto intero pomo è; il che pur oggi nelle più purgate scritture, non che nel parlar semplice, viene elegantemente prati

cato. Comunque siasi, ecco ritrovata l'origine del secondo elemento della proposizione, ch'è il segno naturato della proprietà di sprimere l'esistenza assoluta di quanti esseri o sono, o furono, o sa

ranno mai.

Nè manco naturale parer dee a chi sottilmente guarda che, nel rammentar gli anzi detti individui

oggetto del loro desiderio, abbiano ancora coll' immagine di lui memorata l'idea d'una sua qualità, che supporremo esser quella che, pel senso del gusto conceputa, più forte rimase loro nella fantasia impressa, e ch' indi, volendo l'uno farne cenno all' altro, abbia a tal fine profferito uno o più suoni; e supponendo ch'essi sieno, per esempio, bu, buo, buon, buono; eccoti creato il terzo segno d'una favella articolata, il quale, non meno de' sopraddetti necessario, fu poscia con speziale appellamento nomato addiettivo, e potenziato di figurar le qualità nel suo subietto contenute, e le sue proprietadi, e, (siccome tantosto si farà palese) l'esser loro accidentale, mediante il quale sono così o così.

Compiessi in tal guisa la grand' opera della creazione del linguaggio articolato, in cui potesse l'uom parlante agevolmente tradur quello della natura, e sustituirlo in suo luogo con tanti maravigliosi vantaggi. Chiamo creazione d'articolato linguaggio quella de' predetti tre segni, imperocchè essi soli bastar possono ad esprimere qualsi

voglia concetto umano; stante che tutto l'operare dell' intelletto nostro consiste in sentir l'idea d'un ente con quella dell'esistenza sua e della sua qualità.

Quantunque non possa ingegno alcuno con aperte e vive ragioni mostrare, per qual modo i creatori della favella siano pervenuti a tanto; nondimeno s'ha a credere che, non senza grandissimo studio, abbiano, a maggiore spressione è ornamento, immaginato d' aggregare e quasi trasformar in uno i due posteriori elementi, quello cioè dell esser semplicemente e quello della qualità, per esprimere insiememente le due idee col mezzo d'un segno unico e solo. Ma, giunta a pena quell' epoca, in luogo delle forme prime Pietro è leggente; Carolina è amante; Carlo è parlante, incominciossi a dire Pietro legge; Carolina ama; Carlo parla; ritrovamento invero di somma utilità, felicissimo volo dell' umano ingegno, cui tosto seguir dovettero gli altri, per cui venne al colmo del suo perfezionamento il linguaggio.

ec.,

Quindi gli addiettivi metafisici, cioè gli articoli, i dimostrativi, i possessivi, ec.; quindi i pronomi; quindi le preposizioni; quindi gli avverbj; quindi le congiunzioni; quindi l'arte di variar i finimenti e le forme; quindi infine le leggi di sintassi e di costruzione.

Provato è di sopra ch' appena cominciò l'uomo

a manifestar con articolata favella le cose concepute nella mente, il primo suo elemento a ciò creato si fu il nome. È proprio di questo segno, rappresentar l'ente giudicato esser tale o tale essenzialmente o accidentalmente, ed è sottoposto alle variazioni confacevoli al numero e al genere degli individui in lui contenuti.

Il verbo, che va immediatamente dietro al nome, è il segno dell' esistenza assoluta o accidentale del suggetto. Della prima è nota il verbo essere, il solo propriamente nomato verbo; della seconda, il verbo medesimo con un semplice addiettivo in un corpo confuso. Però chiamasi ragionatamente il primo, verbo sustantivo, e gli altri, verbi addiettivi.

Per essere il verbo ordinato ad accennar l'esistenza assoluta o accidentale del suggetto, e per esser questa divisibile per tempo, e' si varia a seconda delle diverse parti del tempo stesso, nelle quali il suo subietto o fu, od è, o sarà, e conformasi in oltre con lui in riguardo al numero e alla persona.

L'addiettivo, ch'è il terzo elemento del discorso, è destinato, primamente ad accennar le qualità nel suggetto contenute; secondamente, egli ha virtù di multiplicare il numero de' suggetti, modificando i nomi che ne sono i proprj segni; terziamente, di accrescere in infinito i

verbi, per quella sua si notabile proprietà di confondersi col verbo essere, onde specificar l'esistenza assoluta per esso significata.

Partonsi gli addiettivi in due classi; la primiera delle quali comprende gli addiettivi appellati fisici, come bianco, nero, dolce, ec.; e la seconda, quelli detti metafisici, come il, mio, questo, ec. Questi modificano l'idea per riguardo all' estension sua, con determinar il numero degli oggetti ai quali ella viene attribuita, o con additar l'atto relativo in che gli raffigura la mente; quelli, per rispetto alla capacità sua, coll' accrescere o menomare il numero delle parti ond' ell' è composta.

I pronomi ad altro non sono ordinati, ch' a riferir l'idea d'un ente, d'una qualità, ed anche d'un giudicamento, siccome suo luogo ne farà apertamente manifesto.!

La preposizione, oltre a quella sua tanto notabile proprietà d'incorporarsi quale elemento con altre voci, di cui fassi parte integrante, usasi ad accennare il collegamento di due idee, l'una delle quali ha dipendenza dall' altra. Queste note o segni, vere reliquie di nomi o d'addiettivi, sono ed hanno a essere invariabili, perciocchè nel discorso essi hanno tanto relazione coll' antecedente, quanto col conseguente; cioè nè coll' uno nè coll' altro.

Gli avverbj, derivati anch' essi da nomi o da addiettivi, sono altrettante formule di parlar non

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