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pomposa fatica, da me presa per consiglio o sia per comandamento della S. V. illustrissima; chè tanto suona l'un vocabolo e l'altro, quando proceda il desiderio da un Signore tanto amato e onorato da ognuno. E quantunque io non avessi in presente avuto altro mezzo di dare a V. S. illustrissima alcuna testimonianza della devozion mia verso le rarissime sue virtù, e di palesarle quell' umile affezione ch' in me s'accese per sin da quando, ne' miei primi anni giovenili invaghito già dei valorosi uomini, io sentiva il nome suo volar glorioso per le lingue di tutta Italia, e che da me per molt' anni s'è tenuta nascosa col desiderio ardentissimo di farmele, se non caro, almeno conto; nondimeno io confesso che, per essere questa nuova scienza faticosa e malagevole a trattare oltre ad ogni credere, avrei più volte lasciato il mio lavoro imperfetto, se non avessi avuto per dolce stimolo a perseveranza il nome suo, ch' aveva, a portar in fronte il mio libro. Pertanto, se qualche frutto o diletto ne caveranno gli studiosi dell' uno e dell' altro sermone, ch'a questo doppio fine è l' opera intesa, a lei ne saranno conoscenti ; siccome io son certo d'acquistar grazia appo l'una e l'altra nazione, indirizzando e dedicando questa mia qua

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nome,

lunque siasi fatica all' Illustriss. S. vostra, il cui le cui virtuose opere, e' nobili travagli, coll' immagine delle virtù, e dell' incomparabile suo senno e cortesia singolare, qui e in Italia vivono e viveranno eterni. Degnisi adunque la S. V. illustrissima, per quella osservanza la quale, siccome a persona eccellente e rara, io le porto grandissima, d' aggradir l'offerta mia; e, dove la troppa voglia di ben fare m'avesse ingannato, si compiaccia d' ammendare; il che, per la sua gran dottrina e perfetto giudizio, meglio d'ogni altro potrà fare. E quì, offerendomele per quel fedele e amorevole servitore che me le dedico in perpetuo, farò fine, pregando il Dator d'ogni bene, che lungamente e prosperamente conservi la sua persona, cara e preziosa all' ottima sua desideratissima famiglia, agli amici e devoti suoi, e a tutti in comune per beneficio del mondo. Di Parigi, a' dì 25 d'Agosto 1814.

DI VOSTRA SIGNORIA ILLUSTRISSIMA,

Affezionatissimo e devotissimo servitore

G. BIAGIOLI.

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AI CORTESI LETTORI.

È MIO proponimento porre in fronte alla presente

opera, in luogo di prefazione, alcuni avvertimenti opportuni; poichè le cose ch' avessi per avventura potuto, in forma di proemio, ragionare, le ho, nel corpo dell' opera, secondo che m'è venuto in taglio, inserite. Adunque mi conterrò a poche cose intorno al fine propostomi nell' impresa di sì fatto lavoro, alle quali desidero sommamente ch' attenda, e le si chiuda bene in mente il lettore.

Fra tutte le lingue straniere, hanno gl' Italiani in ogni tempo avuto in maggior pregio la francese, e si sono ingegnati con ogni sforzo d'impararla, non tanto per vaghezza d'intendere le cose letterarie e le filosofiche di questa fioritissima nazione, quanto per una cotale inclinazion d'ani

mo,

che, più che per altra gente, essi hanno per lei, nata da similitudine di natura, di costumi, e di vita; siccome, per queste e più altre ragioni, si sono sempre i Francesi dilettati d'imprendere la favella italiana, vaga, gentile, e copiosa oltre ad ogni stima; e non è da credere che tal genio vicendevole sia mai per ispegnersi, se non si cangi

prima dell' una e dell' altra nazione l'animo, del vero e del bello, naturalmente passionato. Ma siccome mancava affatto ai Francesi una grammatica, la quale del linguaggio della poesia e della musica gli artificj e le finissime maestrie ragionatamente e compiutamente svelasse loro, (disordine al quale io mi sono ingegnato di riparare colla mia grammatica italiana ragionata, alla qua le il naturale amore della propria favella, e la gratitudine ch'io porto a questa nazione mi fecero por mano) così mancò sin ora agl' Italiani una grammatica, la quale della lingua della ragione e della filosofia (chè così chiamasi la francese per la semplicità e chiarezza sua nella commettitura de’ vocaboli) la forma universale, i principj, e le regole, con le ragioni e cagioni delle medesime, in se comprenda e racchiuda.

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Per tanto, a render pago si onesto desiderio, e a secondare, per quanto in me era, gli sforzi di tanti nobili spiriti, che nella gloriosa impresa di restituire al pristino suo splendore l'idioma nostro dolcissimo s'affaticano, mi sono indotto, non senza gran timorejad imprendere la presente fatica, ove la più forte applicazione, e un lungo e pertinace studio ho impiegato; la quale, se non

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