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dire che succeda alla parte contraente. La nazione primitiva segue ad esistere, e in essa sola rimangono -operative le relazioni convenzionali colle altre nazioni.

Quanto poi alla ripartizione del patrimonio nazionale e dei crediti e dei debiti fra la nazione primitiva e la nuova che ne sorge, è affare da accordarsene fra di loro e lo stesso dicasi anche pel caso di cessione e annessione. Norme direttive e di naturale giustizia in tale argomento ve n'ha certamente, ed a me sembrano preferibili quelle proposte nel Codice di Dudley Field (1).

(1) Le proposte nel Codice di Dudley Field sono le seguenti:

1. Ripartizione di proprietà.

a) Gl'immobili destinati ad uso pubblico, come i pubblici edifizii e stabilimenti, e le case di beneficenza e di religione appartengono alla nazione nel cui territorio sono situati: e questa porzione non dev'essere compensata se non nel caso che i detti luoghi servissero anche alla popolazione che ora rimane all'altra nazione, la quale debba incorrere in nuove spese per supplire alla perdita sofferta.

b) Gl'immobili in patrimonio dello Stato, come pure i pubblici valori, e in generale quelle proprietà, che solo indirettamente hanno per oggetto l'utilità pubblica, formano un fondo comune, che deve dividersi in proporzione della popolazione, in guisa però che gl' immobili rimangano assegnati alla nazione sul cui territorio si trovano, dando all'altra il dovuto compenso nella ripartizione.

c) Le navi da guerra, le armi, gli equipaggiamenti, le munizioni militari e navali si dividono materialmente ancora in proporzione della popolazione. Art. 23.

2. Ripartizione dei debiti.

Ciascuna delle due o più nazioni (risultanti dalla divisione o aventi parte nella cessione o annessione) ha diritto che i debiti vengano pagati dalla proprietà comune della nazione qual era da prima; ed i debiti, ai quali non sia provveduto in tal guisa, vanno ripartiti in proporzione non della popolazione, ma

§ 22. Estinzione delle nazioni.

La continuità e durata permanente, che assegnammo alle nazioni quale carattere naturale, non vuol già significare immortalità. Hanno esse pure le loro vicende siccome porzioni della umanità, crescono, invecchiano, quando vegete e gloriose, quando attrapite e cadenti: vivono e muoiono nella evoluzione dei secoli, per poi rifarsi sotto altre forme in altre nazioni.

L'esistenza di una nazione può cessare in più modi e per cagioni diverse. E cessa primieramente per l'eccidio o la emigrazione del popolo tutto o di sì gran parte di esso, che ai pochi avanzati non rimanga più modo di reggersi a nazione secondo gli essenziali caratteri di essa. Si avverta però che il solo indebolimento di una nazione non dà ad altre il diritto

delle rendite che si percepivano dalle diverse frazioni del territorio. Art. 26.

Bluntschli opina che qualora il debito fosse assicurato da ipoteca, resti a carico della nazione nel cui territorio sono situati i fondi ipotecati. A me pare che ciò valga pel solo caso che il debito fosse stato già in origine contratto a carico e per conto di quella parte di popolazione che ora si distacca dal corpo della nazione, e non altrimenti. Se debitrice in origine era la nazione intera, essa non cambia questa sua condizione pel fatto che diede in ipoteca i fondi situati in una piuttosto che in altra parte del suo territorio. Certo è bensì, che i creditori potranno rivolgersi sui fondi ipotecati, ma ciò proverrebbe dal difetto di pagamento della debitrice principale, e lascia luogo a regresso.

Nella cessione della Lombardia e del Veneto, a queste nostre provincie venne assegnata soltanto quella parte del debito austriaco che era speciale e propria ad esse.

di averla per estinta, nè di disfarla, finchè essa abbia possibilità di mantenere le relazioni internazionali (1).

Cessa in secondo luogo pel totale assoggettamento ad altra nazione o popolo in forza della conquista sotto le condizioni, che verrò esponendo (§ 28).

come altresì per la unione reale (detta anche incorporazione od unione incorporata);

alla quale si somigliano, avvegnacchè con qualche differenza, l'annessione totale ad altra nazione e la fusione di più nazioni in uno Stato solo (2).

Finalmente anche la divisione, o scioglimento in due o più nazioni può avvenire in guisa, che nessuna abbia a considerarsi come continuazione della nazione precedente.

Per massima generale si può stabilire, che il fatto della estinzione di una nazione non porta per conseguenza la cessazione di tutti i diritti e doveri internazionali della medesima: anzi questi diritti e doveri passano alla nazione che succede in luogo della estinta, in quanto la loro continuazione resti fattibile e non ripugnante al nuovo ordine di cose.

Qualora la nazione estinta venga divisa fra più altre, a regolare i rapporti fra queste, e rispetto a

(1) Contro questa massima peccarono le tre Potenze nordiche nella divisione della Polonia.

(2) I vari Stati in cui era divisa l'Italia danno esempio prima di annessioni alla monarchia Sabauda, poscia di fusioni nel regno d'Italia.

Nella unione reale si possono riservare alla nazione che viene unita alcuni particolari diritti, come una separata amministrazione, un atto distinto d'incoronazione, alcuni propri stabilimenti pubblici ec., com'era nel cessato regno Lombardo-Veneto stato incorporato all'Austria. Ciò non suole farsi nell'annessione totale e nella fusione. Confr. § 19.

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terze nazioni, possono servire le norme esposte nel paragrafo precedente. Per maggiori particolari poi si consultino opere più estese.

CAPO II.

TERRITORIO: SUPREMO DOMINIO (O PADRONANZA) TERRITORIALE E PROPRIETÀ DELLE NAZIONI.

§ 23. Nozione del supremo dominio (o padronanza), e della proprietà nazionale.

Il territorio è condizione essenziale alla vita e prosperità della nazione, il campo su cui essa spiega la sua sovranità anche in confronto delle altre nazioni e dei cittadini loro. Abbiamo parlato altrove (§ 14), di ciò che riguarda la giurisdizione sulle persone che si trovano nel territorio, sieno cittadine o straniere. Quì il territorio viene considerato nella sua parte materiale, cioè come cosa formante oggetto del supremo dominio (o padronanza), ovvero della proprietà nazionale (1).

(1) Alcuni scrittori prendono promiscuamente dominio e proprietà nazionale. I vecchi pubblicisti scrivendo in latino dicevano dominium eminens, ovvero anche imperium (omnia rex imperio possidet, singuli dominio). I tedeschi dicono assai opportunamente gebietshoheit (supremazia o signoria territoriale), da non confondersi colla proprietà pubblica. Per evitare l'equivoco, a cui facilmente dà luogo la parola dominio, forse gioverebbe sostituire quella di padronanza o signoria, come già veggo usato da qualcuno.

Il dominio territoriale non significa proprietà, ma è soltanto un' applicazione della sovrana podestà nazionale al territorio come complesso di cose. Nè abbraccia solo la terra, ma insieme ancora le acque che la percorrono, o vi sono racchiuse, o la bagnano alla estremità e sì da vicino, da potersele considerare come lembo o appendice.

Tutte le cose, avvegnacchè di privata proprietà, formanti il territorio o situate in esso soggiacciono a questa suprema padronanza nazionale. In conseguenza della quale lo Stato può dettar leggi sui modi di acquisto e di trasmissione per atto tra vivi o in causa di morte, persino sull'amministrazione e sull'uso delle cose medesime ora in vista del privato, ora del pubblico interesse; cioè può limitare l'esercizio dei diritti de' proprietarii per ottenerne un bene comune o maggiore, secondo richiede lo scopo della politica aggregazione (1). E credo potersi subordinare a questo principio della suprema nazionale padronanza, che che se ne dica da taluni oggidì, anche il diritto di spropriazione forzata verso il giusto indennizzo pei pubblici bisogni. Ma questi sono argomenti di diritto interno che basta avere accennati. Per noi importa stabilire, che ciascuna nazione, siccome signora del suo territorio, esclude l' uguale signorìa di qualsiasi

(1) Valgano ad esempio il taglio dei boschi, il regolare il corso delle acque, l'esercizio delle miniere, le servitù militari in un dato raggio intorno alle fortezze.

Il diritto de' soci anche in fatto di proprietà va contemperato e subordinato a quello della società, o come si costuma dire, il bene pubblico va innanzi al privato: è un sacrifizio dei singoli a profitto di tutti, ossia il sacrifizio di qualche parte degl' individuali diritti per assicurare il godimento tranquillo di ciò che rimane alla privata disponibilità.

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