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Il riguardo dovuto al Plenipotenziario, ed ancora più il rispetto alla dignità propria ed a quella dell' altra nazione contraente, induce nel Capo dello Stato il dovere morale e di alta convenienza di non negare la ratificazione se non per giuste cagioni: cioè qualora a) il Plenipotenziario avesse ecceduto i limiti

del suo mandato, ovvero

b) nel frattempo fosse sorvenuto tale mutamento di cose che giustifichi un mutamento di volontà, o finalmente

c) nella convenzione stessa fosse occorso qualche vizio, che la rendesse già nulla o rescindibile fino dalla origine.

Qualche maggiore incertezza del successo presentano quelle convenzioni, per le quali sia richiesta (secondo la costituzione interna degli Stati) l'approvazione del Parlamento o di qualche altro Corpo. Del che però i contraenti essendo avvertiti, non possono querelarsi del risultato negativo che per avventura ne seguisse.

Alla ratificazione poi devesi razionalmente attribuire anche nel diritto internazionale forza retroattiva (1), eccetto che le parti stesse nella stipulazione della convenzione dichiarino (come fanno sovente), che essa non entri in vigore se non dopo il così detto scambio delle ratifiche (2).

tendere le ratifiche ne diedero all'occasione dell' intervento negli affari d'Oriente (1840) le Potenze unite, Austria, Inghilterra, Prussia, Russia, Turchia.

(1) Vale la regola romana: ⚫ratihabitionem retrotrahi et mandato non est dubium comparari. »

Confr. Klüber, § 142, nota e; De Martens, § 42; Heffter, § 87. (2) L'art. I del Trattato di Parigi 1856 così si esprime: «A datare dal giorno della ratificazione del presente trattato, vi sarà pace e amicizia ecc..

Qualora alcuno senza mandato, od oltre i limiti del mandato, contraesse in nome della sua nazione nella fiducia di prestarle buon servigio e perciò di poterne riportare l'approvazione, il suo atto non sarebbe che una semplice promissione (sponsio), alla quale il Capo dello Stato non è punto tenuto di aderire. La persona stessa che fece tale atto non rimane obbligata se non di prestarsi a tutto suo potere per ottenerne l'approvazione, ed al più di risarcire all'altra nazione i danni, quando espressamente si fosse assunto l'obbligo di farlo approvare. Che se la nazione avesse già riportato qualche vantaggio dal patto che poi si rifiuta di riconoscere, essa dovrebbe rimettere le cose nello stato primiero, privandosi del vantaggio avuto nella miglior guisa che secondo le circostanze appaia fattibile (1).

Negli Stati composti e semisovrani bisogna vedere in chi risieda, ed in quale maniera sia regolato il potere di fare pubbliche convenzioni.

Ho avvertito altrove, che possono avere efficacia di obbligare la nazione anche certi patti conchiusi in virtù di un potere generale implicitamente attribuito a certi pubblici officiali dello Stato (comandanti di corpi armati, Ammiragli, Governatori di colonie e simili); per codesti, nella sfera delle loro funzioni non fa mestieri di un mandato speciale (2).

(1) A cagion d'esempio viene pattuito il riscatto dei prigionieri di guerra, ed anticipata una somma. Se la nazione che tiene i prigionieri rifiuta l'approvazione del patto, la somma ricevuta in anticipazione si deve restituire.

(2) Wheaton, vol. II, pag. 146, traduz. ital., Bluntschli, § 442.

§ 37. Effettiva prestazione del consenso, e possibilità dell' oggetto.

I. Prestazione del consenso. Se hanno da concorrere due o più volontà nel medesimo oggetto (1), egli è ben naturale che queste volontà debbano anche venire debitamente manifestate; cioè, che venga effettivamente prestato il consenso con tutti i caratteri che la filosofia giuridica richiede per la genesi della obbligazione. Quanto è all'errore ed al dolo, non sono veramente da supporre in persone di eminenti qualità di mente e di animo, quali vengono prescelte a sì alte funzioni fra popoli civili: ma se mai intérvenissero codesti vizii, se ne dovrebbe aver riguardo giusta i consueti criterii della scienza.

Lo stesso si dica della violenza e dell'ingiusto timore, quale ostacolo alla libertà: con l'avvertenza però, che le angustie alle quali fosse ridotta una nazione, così che ad evitare danni maggiori si determinasse ad una convenzione anche gravosa, non sono giusta causa di avere per nulla la convenzione mededesima. Ciò trova applicazione precipuamente nei trattati di pace dopo una guerra disastrosa, come verrà spiegato più opportunamente nel diritto di guerra. Bisogna che la violenza venga usata alle persone stesse, che in nome della nazione prestano il consenso, e sia violenza accompagnata da tutte le condizioni volute anche ne' contratti tra privati affinchè possa

(1) Duorum vel plurium in idem placitum consensus: tal è la definizione romana della convenzione in senso generico.

produrre l'effetto di rendere inefficace od almeno revocabile il consenso.

E nè anche alla lesione enorme nelle pubbliche convenzioni si attribuisce forza di privarle di valore (1).

Va da sè, che il consenso debba essere reciproco, altrimenti si avrebbe una semplice pollicitazione, cioè una sola volontà invece di due o più, e quindi nessuna convenzione.

Le precedenti trattative sopra punti singolari, sui quali le parti si mostrano d'accordo, non inducono tuttavia un' obbligazione, se non quando abbiano espressamente dichiarato di tenervisi già fin da ora vincolate.

II. Possibilità dell'oggetto. Oggetto della promessa e dell'accettazione in ogni convenzione dev' essere cosa fisicamente e moralmente possibile. Nè per gli individui, nè per le nazioni terrebbe promessa di fare ciò che supera le forze d'ogni uomo o d'ogni nazione (impossibilità fisica assoluta): una promessa di tal fatta mancherebbe del carattere della serietà, e l'altra parte contraente dovrebbe averla in luogo di uno scherzo, e quindi non punto obbligatoria (2). Lo stesso vale pel caso, che venisse dedotta in contrattazione cosa superiore alle forze del promittente (impossibilità relativa), e questo fosse a cognizione dell'altra parte, la quale perciò dovrebbe del pari non pigliare sul serio la promessa (3).

(1) Intorno a queste dottrine giova confrontare Heffter, § 86; Bluntschli, § 415; De Martens, vol. I, S 49 seg.

(2) Pongasi la promessa di asciugare l'Oceano, di appianare una catena di montagne ecc.

(3) Per es. se una nazione di poco popolo e povera di fortune promettesse di tenere un grosso esercito permanente.

Contro la possibilità morale (giuridica od etica) peccherebbe una convenzione ripugnante alle norme del diritto internazionale universalmente riconosciuto, ovvero ai diritti dell' umana personalità od alla moralità pubblica; a mo' d'esempio se si pattuisse di introdurre o proteggere la schiavitù, negare ogni diritto agli stranieri, uccidere o perseguitare cittadini innocenti, adoperarsi a loro abbrutimento e corruzione morale, sterminare altre nazioni e cose simili, quali abbiamo altrove annoverate (§ 15). Tali convenzioni porterebbero in sè stesse il vizio di originaria nullità non sanabile da nessun consenso umano.

Per quanto concerne in particolare le convenzioni lesive del diritto già acquistato per convenzioni precedenti da qualche altra nazione, io non le terrei per ciò solo originariamente invalide. Dipenderà dall'altra nazione interessata l'impugnarne l'attuazione fino al punto in cui il suo diritto trovasi leso. E qualora tale impugnativa venga promossa, insegnano generalmente i pubblicisti, che il diritto antecedente prevalga al posteriore (1).

Una convenzione, in cui siasi pattuito qualche cosa per una terza nazione, rimane sospesa ne' suoi effetti fino a che questa vi abbia aderito.

§ 38. Distinzioni e classificazioni delle convenzioni internazionali.

I. Distinzioni. Possono applicarsi, almeno in gran parte, alle convenzioni internazionali le distinzioni conuni, che fa la scienza giuridica dei contratti nel diritto privato, essendochè in fine la diversità dei

(1) Bluntschli, S 414, nota.

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