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stizia od equità, e quando di opportunità e convenienza, dai quali le nazioni discordi possono da un lato trarre argomento dell' appoggio eventualmente sperabile da parte di chi li esprime, dall'altro o coprire coll' autorità altrui una continuata resistenza, o giustificare un' arrendevolezza anche non imposta dal rigore del diritto. Del resto poi vale il principio, che i buoni officii non importano dovere nè in chi li presta di guarentirne gli effetti, nè in chi li riceve di profittarne.

La mediazione ha carattere e portata alquanto diversa, ed esprime una intromissione più speciale ed attiva nella controversia. La nazione mediatrice può richiedere particolareggiate informazioni sullo stato delle cose, udire le parti, intervenire alle loro Conferenze, formolare proposte, e qualche foggia di definitive conclusioni. Dal che appare, che la mediazione per essere legittima ha mestieri del consenso delle parti contendenti, cioè può bensì ad ogni evento venire offerta, ma non imposta. Ed anche se accettata, tuttavia ancora non obbliga le parti ad attenersi a quanto venisse suggerito o definitivamente formolato, e neppure implica nella nazione mediatrice alcuna garanzia per la esecuzione, quando la garanzia non venga espressamente assunta (1).

Autorità e forza maggiore ha l'arbitrato, del quale importa dire con qualche maggiore estensione.

(1) La Francia meritò la lode di tutti e la gratitudine degli Americani per essersi adoperata a scemare le atrocità della guerra fratricida di secessione, e pei buoni avvisi mandati a Washington affine di evitare l'aggiunta di altra guerra colla Gran Bretagna. Ma poi per la Francia ridotta agli estremi dalla Germania non si sa che nessuna delle grandi Potenze siasi intromessa.

A parere del prof. Esperson i buoni officii e la offerta della

§ 51. Gli arbitrati.

Mezzo più efficace per definire pacificamente le controversie internazionali può essere quello degli arbitrati vale a dire, che le nazioni in contesa convengano fra loro (compromesso) di rimettersi alla sentenza di una o più persone (compromissarii, arbitri, arbitratori) scelte a questo uopo di procedere e pronunciare sul diritto o sulla entità della pretesa contestata (1).

mediazione non sono solamente un diritto, ma talvolta anzi un dovere dipendente dalla solidarietà delle nazioni. Dovere etico, lo credo, giuridico non crederei, come non lo è a mio avviso la solidarietà essa stessa, fuorchè nei casi in cui sieno in questione diritti universali della umanità ovvero fondati sopra positive convenzioni. V. Esperson, Dir. diplomat., t. I, § 364 seg.

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Ho avvertito altrove (§ 9), come il Congresso di Parigi (1856) abbia espresso il voto che gli Stati, fra i quali avessero a sollevarsi serii dissensi prima di por mano alle armi, invocassero, per quanto lo permettano le circostanze, i buoni officii di altra Potenza amica. »

E quando pure si trattasse di guerre intestine, non sarà lecito alle altre nazioni offrire l'amichevole opera propria a fine di bene?

(1) Avviene realmente talora, che il diritto in massima sia chiarito e riconosciuto da ambedue le parti, ma si questioni tuttavia sulla entità di esso; per esempio può essere ammesso il diritto ad un risarcimento, ma esservi dissenso sulla estensione del danno recato, e quindi sulla quantità del risarcimento dovuto. Allora è quest'ultima decisione che si commette a giudici eletti, i quali nel linguaggio della giurisprudenza pigliano nome speciale di arbitratori, e il loro incarico quello di arbitrazione (arbitratio). In tali casi si domandano spesso cognizioni pratiche, od anche tecniche, circa la natura degli oggetti posti in questione,

Per principio generale, cioè prescindendo da obblighi anteriormente assunti, dipende dalla volontà delle parti in contesa il ricorrere o non a tale spediente, come pure l'affidarne l'incarico a chi loro piace, sia convenendo sulle medesime persone, ossia nominando ciascuna e in numero uguale gli arbitri per proprio conto. Si può nominare persone private (giureconsulti, magistrati), o tribunali costituiti, oppure altre nazioni, ossia Capi degli stati, i quali alla loro volta si serviranno di persone competenti per condurre il processo e preparare il giudizio, che verrà poi da essi proferito. Anche possono le parti deferire ad uno o più Capi degli Stati la sola facoltà di nominare gli arbitri e istituire il tribunale arbitrale, il quale poi pronunci direttamente in proprio nome (1).

e il pronunciato arbitrale partecipa al carattere di perizia e stima definitiva oltrechè di giudizio legale.

Altre volte invece si leva controversia sulla esistenza del diritto per l'una o per l'altra parte, e gl' incaricati del giudizio si chiamano arbitri decisori o semplicemente arbitri, e il loro officio arbitrio (arbitrium). Qui principalmente sono richieste estese e sicure cognizioni tanto di diritto in generale, quanto in particolare di diritto internazionale in tutte le sue forme e fonti diverse. Confr. Bluntschli, § 488; Esperson, Dir. diplomat., § 384; Tolomei, Dir. natur., § 171.

(1) Così si fece nel famoso arbitrato dell'Alabama.

Bluntschli, proporrebbe di predisporre anticipatamente un elenco di uomini più competenti delle varie nazioni, fra i quali all'occorrenza si dovessero scegliere gli arbitri. A me non sembra questo il miglior partito, il quale riuscirebbe in certo modo ad infeudare la competenza in alcuni, quando le notabilità scientifiche non rimangono sempre le stesse col rapido progredire che fanno gli studii e le vedute politiche a di nostri. Meglio è che si lasci facoltativo alle nazioni di accordare ciascuna la propria fiducia a chi più la merita secondo la natura del caso da risolvere, tanto dal lato della relativa competenza (scientifica o pratica), quanto da quello dei principii politici e de' sentimenti alieni

L'interpretare il compromesso, e quindi determinare la estensione de' proprii poteri è diritto degli arbitri.

Quando sieno più arbitri, conviene che eleggano un presidente, se pure non sia stato già designato nel compromesso. Le deliberazioni in questo caso vengono prese collegialmente a maggioranza di voti, come collegialmente deve condursi il processo.

Se durante il processo venisse a mancare qualche arbitro, non si procede ulteriormente prima che ne venga sostituito tal altro, che ne compia il numero. Anche la forma del procedimento può venire prestabilita dalle parti compromettenti, e dove queste non lo facciano, va sottinteso che sieno da osservare le norme generali di ogni ragionevole procedura, quali sarebbero udire ambedue le parti e lasciar luogo alla difesa, assumere ove occorra testimonianze o perizie, e discutere e votare con piena libertà e cognizione di causa.

Alle parti stesse appartiene pure di dichiarare, se il giudizio debbasi proferire secondo lo stretto diritto, ovvero a termini di equità: nel silenzio delle parti

dallo spirito di parte. Ed anche porto opinione, che giovi all'autorità dell'arbitrato l'affidarlo ad altre nazioni (o Capi degli Stati), che poi sapranno valersi delle persone opportune; essendochè per tal guisa oltre ad essere impegnato l'onore scientifico (come dice il Bluntschli) dei giudici effettivi, ne resta pure impegnato quello della nazione, che ebbe l'incarico di ordinare il giudizio, e di pronunciare. Oltre di che questa fiducia riposta da una na. zione in un'altra serve a stringere sempre più i vincoli della cordiale intelligenza. Ciò almeno fino a tanto che non si giunga alla forma più perfetta di stabilire d'accordo fra più nazioni (poniamo tutte quelle d'Europa) un tribunale internazionale permanente, che sarebbe la prima pietra ad una legislazione e forse ad una confederazione generale.

sarei d'avviso, che gli arbitri rimangano vincolati allo stretto diritto, tranne che dalla natura stessa dell'oggetto in questione appaia evidente, che si tratta di mera equità e convenienza. Non crederei però illecito agli arbitri di tentare accomodamenti, ma non vi riuscendo, debbono pronunciare.

La sentenza debitamente proferita obbliga le parti, ed ha l'effetto di una transazione: ma qui pure, come nella mediazione, le nazioni che abbiano pronunciato il giudizio arbitrale non sono tenute di procurarne

colla forza la esecuzione.

Niente osterebbe in massima, che si ammettesse contro una prima sentenza il ricorso ad altro giudizio superiore; ma a ciò bisognerebbe, che fosse stato provveduto precedentemente nell'atto del compromesso, oppure che esistesse per le nazioni in contesa un tribunale arbitrale obbligatorio graduato nelle sue istanze, cosa non infrequente nelle Confederazioni (1). Altrimenti la sentenza degli arbitri è inappellabile.

Il che però non vuol dire, che la sentenza non possa talvolta venire rigettata come priva di valore e intrinsecamente nulla. Cause di nullità e quindi di giusto rifiuto di sottomettersi sarebbero :

a) l'avere gli arbitri (o l'arbitro) ecceduto i poteri conferiti nel compromesso, oppure violate le norme direttive in esso prestabilite ;

(1) Nelle confederazioni i litigi, che si elevassero fra i confederati, o fra alcuno di questi e il potere centrale, si sogliono rimettere o a tribunali a ciò destinati, ovvero ad arbitri da scegliersi dalle parti contendenti ora liberamente, ora da certe classi di persone. In tal caso il compromesso è reso obbligatorio dallo statuto federale. Confr. Bluntschli, § 496, 489, n. 2, e 492; traduzione francese, S 492 bis.

Ved. pure Esperson, Dir. diplom., t. I, § 395, n. 20.

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