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banda. Degli antichi ed anche de' recenti fuor di vi gore possiamo nondimeno trarre profitto, non per farne argomento di diritto attuale, sibbene per tessere la storia di ciò che era in addietro, vedere i principii allora seguiti valutandone i pregi o i difetti, quindi giudicare de' progressi fatti da poi, ed altresì ove si riscontrasse uniformità di principii costantemente e generalmente accettati, dedurne la presunzione se pure non la certezza d'intrinseca giustizia e provata utilità.

Usi. Il riconoscimento o la genesi di un diritto può avvenire, come diceva, eziandio per la continuazione di fatti, che sieno la espressione d'una libera volontà a ciò diretta, cioè nel caso nostro mediante gli usi (costumanze, consuetudini) internazionali. Ogni qualvolta questi usi sieno accompagnati da tutte le condizioni che la giurisprudenza assegna alla consuetudine perchè abbia forza di legge negl' interni rapporti della vita sociale, non dubiterei che acquistassero ugual forza obbligatoria anche nei rapporti fra le nazioni: vale la medesima ragione dall' un canto e dall' altro, nulla importando che la volontà venga manifestata colla parola, oppure colle cose stesse e coi fatti. Ma la difficoltà consiste il più delle volte nell'accertare il concorso di tutte le accennate condizioni; onde alla presenza di un più forte interesse, a questa o quella nazione si offre facile lo scampo di recedere da usanze più o meno antiche, più o meno diffuse, impugnandone la legittimità, o dandovi carattere di mere condiscendenze da potersi continuare o cessare liberamente secondo le mutabili condizioni delle cose. Ond' è che può dipendere appunto dalle circostanze il pronunciarsi ne' fatti avvenuti per la violazione di un diritto, ovvero soltanto per una

mancanza di benevolenza o persino semplicemente di cortesia internazionale (comitas gentium) (1). Di qui pure le discrepanze degli scrittori nel valutare il peso che debba darsi a questi usi, che noi poniamo tra le fonti, mentre altri ne li escludono, ed altri ne restringono grandemente l'applicazione.

III. Sussidii. Di notevole sussidio, se non propriamente di fonte, servono le leggi interne di ciascuna nazione, le quali concernano o la condotta da tenere verso le altre in determinate occasioni, ovvero il trattamento da usare nel proprio territorio agli stranieri nei civili e penali riguardi. Essendo emanazioni spontanee del legislatore senza straniero intervento non producono veramente un vincolo reciproco di diritto, per cui le altre nazioni abbiano dovere di rispettarle, nè facoltà di esigerne la osservanza e la durata: ma nullameno palesano le convinzioni giuridiche di cui è penetrato questo a quel popolo rispetto agli altri, i quali vi si possono affidare, e pigliarne norma di loro condotta come di diritto positivo, che la nazione legislatrice non vorrà senza giuste cagioni nè all'improvviso mutare, posto che tenga in qualche conto la lealtà e il proprio onore. E qualora tutte le legislazioni de' popoli civili, o la massima parte di esse, si trovino d'accordo in certe massime direttive, e in certe speciali disposizioni in fatto di diritto internazionale, abbiamo sicuro criterio per determinare lo stato attuale del diritto medesimo.

Giovano pure non poco le opere de' pubblicisti.

(1) A certe dimostrazioni di deferenza e vicendevole cortesia (come saluti alle bandiere, partecipazione di avvenimenti prosperi o dolorosi, etichette ecc.) le nazioni danno bensì una relativa importanza, ma di per sè non presentano ancora carattere ed autorità di diritto.

Senza volerne esagerare l'autorità, egli è certo che laddove i più ed i migliori convengano in una dottrina, sia che l'abbiano derivata dalla fonte primitiva razionale, oppure dagli usi e dai trattati, o dallo spirito delle nazionali legislazioni, quella dottrina ha per sè una forte probabilità di dare nel vero. Eminenti ingegni coltivati a profondi studii deducono con maggior sicurezza le conseguenze anche più rimote di un principio naturale, di quello che sappia fare la ragione individuale di un uomo politico spesse volte preoccupato da falsi giudizii, o sedotto da nazionali o personali interessi. Avvertasi però di guardare al tempo in cui scrissero e del quale talora dividono gli errori, e perciò ai progressi fatti posteriormente dalla scienza ed entrati nelle convinzioni e nella vita effettiva dei popoli. Quindi è, che agli ottimi fra' moderni è dovuta preferenza sopra gli anteriori, quantunque volte abbandonata una vecchia teoria, vi sostituiscano tal altra, che meglio risponda ai precetti della morale, alle condizioni presenti del vivere sociale, alle conquiste del pensiero circa i diritti dell'uomo e degli uomini.

Finalmente non si possono trascurare le sentenze dei tribunali tanto di pubbliche magistrature quanto di arbitri eletti. Ella è ancora la scienza e la coscienza di personaggi ragguardevoli, che viene posta a servizio del diritto, lo ricerca e lo scopre ne' suoi intimi recessi, lo adatta a casi proposti, dai quali per analogia può indursi la norma e vorrei dire la legge per identici o simiglianti casi avvenire (1).

(1) A quest'uopo è utilissima l'opera di Ch. de Martens: Causes celèbres du droit des gens. Lips. 1861, in 5 vol.; come pure quella di Lawrence: Commentaire sur les éléments du droit international et sur l'histoire des progrés du droit des gens. Lips. 1868, 69, 73.

§ 5. Cenni storici: l'antichità.

Ne fu già veduto, che il diritto in generale e quindi anche quello fra le nazioni ha un' esistenza. obbiettiva, necessaria, tosto che vi abbia convivenza di uomini. Ma affine di rendersi operativo vestendo forme esteriori ha mestieri anzitutto di venire ravvisato nella sua essenza e nelle svariate sue applicazioni, il che richiede un certo grado di coltura intellettuale; e poscia ha mestieri di venire accolto e proposto a norma della propria condotta in riguardo agli altri, cioè nel caso nostro in riguardo alle altre nazioni, il che richiede predominio della ragione sulle passioni, rispetto all' altrui personalità uguale in tutti, radicati sentimenti di onestà e giustizia, in una parola moralità che la vinca su la prepotenza, sull' ambizione, sull' egoismo. Dal difetto d' intellettuale coltura o di generosi sentimenti e rette convinzioni morali ha dipeso nel mondo antico, e dipende tuttodì in paesi ben molti, la imperfezione se non la totale mancanza di un diritto internazionale.

Nell'antichità anteriore al cristianesimo ne troviamo alcuni germi, ma non più che germi poco o nulla sviluppati e produttivi. Fra le stesse tribù mezzo selvagge un oscuro sentimento di religione tratteneva per esempio dal porre le mani sugli ambasciatori, dal negare allo straniero ospitalità, o trarlo con violenza dai sacri asili, o venir meno alla fede di paci e alleanze giurate. Pare, che gli asiatici, e precipuamente gl' indiani allargassero alquanto piú l'attuazione di certi sommi principii, ma però ancora tanto

imperfettamente, che non possiamo far risalire fino a loro la origine dell'attuale nostro diritto europeo (1).

Pensiero e costume predominante nei popoli dell'antichità, compresi pure i più progrediti (ebrei, greci, romani), era quello di riguardare ciascuno a sè solo, considerandosi quale un tutto compiuto e chiuso, non congiunto agli altri popoli per naturali, vincoli comuni, ma soltanto o per la necessità dell'altrui forza prevalente, o per la conclusione di patti reciproci dettati dal bisogno dei commerci o da altro politico scopo.

Era quindi il diritto or della forza, cioè non diritto ma ingiustizia, or della volontà determinata dall'interesse e facilmente mutabile ad ogni opportuna occasione. Alla quale instabilità cercavano riparo nell'intervento della divinità, cioè ponendo il diritto sotto la divina custodia e tutela; giuramenti e sacrifizii imprimevano ai trattati un cotal carattere sacro.

Se parliamo degli ebrei, essi ebbero bensì precetto da Dio di accogliere i forestieri e far loro atti di benevolenza e carità (2); ma ciò riguardava i privati individui, non le nazioni ed i reciproci rapporti da stringere con esse. La ferma fede nel privilegio esclusivo di possedere eglino soli la verità rivelata, e nella divina missione di doverla conservare intatta in preparazione di un grande avvenire, li faceva guardare agli altri popoli come a tralignati e perduti, dei quali bisognava schivare la famigliarità ed amicizia per non contrarne la infezione della idolatria. Di che

(1) Confr. Laurent: Études sur l'histoire de l'humanité. Leibnitz: Codex juris gentium, proemium. - Haelschner: De jure gentium apud gentes orientis. Halae 1842.

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(2) Esodo XXII, 21. Levit. XIX, 33, 34 e XXIII, 22. Confr. Lomonaco: Dir. civ. intern. p. 13.

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