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vuolsi, anche barbari; ma che forse non sono uomini al pari di noi? A questo sopratutto dovrebbero badare le Nazioni civili dell'Europa, non sempre scrupolose osservatrici del rispetto dovuto alla personalità di queste Genti, alle quali assai spesso insegnano la civiltà a colpi di cannone.

Io sono d'avviso che la Tribù che si è ritratta dalla vita nomade, ha fermato la sua stanza in un determinato territorio in modo stabile e permanente, e riconosce l'autorità d'un capo, di un'assemblea, d'un potere sovrano qualsiasi, abbia il diritto ad essere considerata come uno Stato. Sarà uno Stato barbaro, ma tutti gli Stati hanno incominciato dalla barbarie; nè ciò è motivo sufficiente per niegare la personalità internazionale.

§ 157. Di nessuna importanza parmi che sia la questione di cui taluno s'è voluto occupare, tendente a sapere quale sia il numero delle persone occorrente per formare uno Stato. Dopo quanto dissi intorno alle condizioni necessarie per l'esistenza dello Stato, la risposta si fa strada da se. Il numero degli individui che concorrono a formare una società, se può influire sulla sua maggiore o minore potenza, nulla influisce sulla sua capacità giuridica. Scrive il Bluntschli, non vi è numero normale per determinare la quantità del popolo nello Stato, neppure che fosse così ristretto, come la pensava il Rousseau, di soli dieci mila uomini. Nel Medio Evo stati così piccoli potevano benissimo esistere sicuramente e dignitosamente. I tempi moderni invece spingono alla formazione di Stati grandi, sia perchè i fini politici dello Stato moderno richiedono una più ricca quantità di forza popolare, sia perchè la pre

qual diritto migliore può avere un popolo ed un paese che il diritto di eredità e la possessione immemoriale?... Giammai i nostri padri avrebbero consentito ad un trattato il cui risultato sarebbe stato di privarli dei loro più sacri diritti e di rapir loro il loro paese ». Convenite, soggiunge il Saredo, o signori, che chi parla il linguaggio della giustizia e del diritto, non è l'assemblea d'un popolo civile, ma quella della Tribù. Voi vedete pertanto che non tutte le genti selvaggie preferiscono la vita nomade alla stativa. Principi di Diritto Costituzionale, Lezione III-XII.

ponderante potenza degli Stati grandi facilmente diverrebbe pericolosa e minaccierebbe la indipendenza e la libertà degli Stati piccoli (1).

Del resto, accade degli Stati quello che accade degli individui, ve n'ha gagliardi e ricchi e ve n'ha deboli e poveri; ma e gli uni e gli altri sono egualmente uomini. Così i piccoli Stati saranno egualmente Stati come i grandi. Il Principato di Monaco coi suoi quindici kilometri quadrati di territorio ed i suoi 3137 abitanti è in rapporti internazionali colle Nazioni più potenti.

§ 158. L'importante è che lo Stato sia autonomo e goda della pienezza dei diritti sovrani all'interno ed all'estero.

L'autonomia è uno dei caratteri essenziali dello Stato, ed in pari tempo uno dei suoi diritti fondamentali, senza del quale il concetto di Stato e la sua stessa esistenza verrebbe distrutta. L'autonomia, come osserva Mamiani (2), è interna ed esteriore; consiste la prima nell'avere ogni Stato un'origine ed un principio di esistenza a lui proprio, ed in altri termini nella volontà comune a tutti i congregati di esistere in certo consorzio da tutti gli altri distinto, e colle proprie forze compiere a sufficienza il fine della loro associazione.

La esteriore consiste nell'esistere rispetto a tutti gli altri Stati colla più completa libertà ed indipendenza, escludendo l'ingerenza di qualsiasi autorità straniera nei propri atti.

Purchè adunque lo Stato goda della sua autonomia, poco importa che esso sia grande o piccolo, che abbia una grande popolazione od una più limitata, che abbia più o meno estesi confini territoriali.

§ 159. Essendo lo scopo della società civile e politica il rispetto esteriore della umana personalità, rispetto che si ottiene

(1) BLUNTSCHLI, Dottrina generale dello Stato, lib. I, cap. I.

(2) MAMIANI, op. cit., capitolo II.

mercè l'attuazione del diritto, così ne viene che nello Stato deve esservi un'autorità, la quale si proponga di conservare l'armonia delle forze sociali pel conseguimento del fine, e che rappresenti il consorzio, sia in faccia ai consociati, sia in faccia alle altre società civili, e provveda a tutto ciò che è necessario allo svolgimento della sua personalità all'estero.

Questa autorità, che viene esercitata dal Governo, chiamasi Sovranità, ed è interna od esterna a seconda che si manifesta nei rapporti interni dello Stato o nei suoi rapporti esteriori.

§ 160. Molto si è disputato intorno all'origine di quest'autorità sovrana. V'ha chi, come Eineccio, crede che gl'imperî siano stati pei primi costituiti nell'interesse dei più forti e dai più forti stessi, affinchè potessero meglio e con maggiore sicurezza esercitare i loro latrocinî a danno dei deboli. Altri, come il Bohemero, pensa invece l'opposto, vale a dire, che siano stati i deboli che siansi insieme collegati in società sotto un imperio comune, per difendersi dalle prepotenze dei forti.

I partigiani del Diritto divino opinano che il potere sovrano viene da Dio, e dicono una grande verità nel senso che, come nota il Saredo (1), la sovranità assoluta non appartiene all'uomo, ma al creatore dell'uomo e dell'universo, archetipo del Buono, del Vero, del Giusto, del Bello. Però cadono in funeste conseguenze quando, confondendo l'autorità colla persona del Sovrano, ammettono il Diritto assoluto nelle dinastie e nelle Case regnanti.

Pericolosa del pari è la Scuola storica, che partendo dal principio che il lungo lasso di tempo è la prova della legittimità di un governo, qualunque sia stata la sua origine, fosse anche la forza e la conquista, finisce per asserire che colla prescrizione può acquistarsi la sovranità e che nessuno può opporsi al Monarca che regna per Diritto storico.

(1) SAREDO, Principi di Diritto Costituzionale, Lez. V.

La Scuola utilitaria fa derivare la sovranità dall'utile che ne deriva allo Stato, e la Scuola del contratto sociale lo fa derivare da un contratto fra il popolo ed il principe, contratto rescindibile ogni qualvolta il principe violi i patti stabiliti, nel qual caso il popolo riprende il suo diritto di sovranità che originariamente in lui risiede.

Altri fa derivare la sovranità dalla ragione, ed altri, come il Saredo, riconosce puramente e semplicemente un'unica sovranità, quella della giustizia naturale, che è la vera e l'unica legislatrice del genere umano (1).

§ 161. Qualunque però sia l'origine ed il fondamento che voglia darsi al potere sovrano, ella è cosa certa che esso ha sempre esistito nella civile società. Anzi il concetto di sovranità è inseparabile da quello di società, come il principio è inseparabile dalla sua conseguenza, e non può concepirsi l'idea di Stato senza l'idea d'un'autorità che regoli e diriga l'andamento interno ed esterno dello Stato stesso.

Questa autorità però, che è chiamata ad esercitare la sovranità, è appunto il Governo. L'idea di governo è un'idea concreta, quella di sovranità è un'idea astratta. La sovranità, dirò ancora una volta col Saredo (2), è la sintesi delle leggi naturali che presiedono alle società umane: il Governo è l'ufficio di coloro che sono chiamati a descrivere queste leggi ed a farle eseguire.

Comunque sia la cosa, lo Stato, dal momento in cui si costituisce, esercita la sovranità. L'origine della sovranità di uno stato, dicono il Kluber ed il Wheaton, è coeva a quella del consorzio, da cui è costituito (3). In forza del diritto di sovranità lo Stato sceglie la forma di governo che meglio reputa soddisfare alle sue esi

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(3) KLÜBER, Diritto delle Genti moderno d'Europa, § 25.

WHEATON, Elementi di Diritto Internazionale, capo II, § 6.

genze, o modifica e migliora quella esistente, rendendola pedissequa ed interprete del graduale progresso del popolo.

La questione della forma del governo non interessa il Diritto Internazionale; qualunque sia il reggimento interno d'uno stato, sia esso retto a forma monarchica, costituzionale o repubblicana, purchè il Governo abbia una esistenza solida, e tale che disponga di mezzi sufficienti per far rispettare la sua volontà all'interno e risponda dei suoi atti all'estero, questo basta, perchè nel Diritto Internazionale esista la personalità giuridica che si chiama Stato.

§ 162. Appena che lo Stato è costituito, entrerà a far parte del consorzio internazionale?

Qui si presenta una questione: alcuni ritengono che, perchè uno stato possa esercitare la sovranità esterna, sia necessario il riconoscimento per parte degli altri Stati; altri invece ritennero che un tale riconoscimento non sia necessario.

Fra i primi il Weathon dice che la sovranità interna di uno stato non dipende dal riconoscimento che di esso siano per fare o no gli altri Stati, ed in altri termini uno stato novello che sorga nel mondo, perchè goda della sua sovranità interna, non ha bisogno di essere riconosciuto dagli altri Stati, ma basta a legittimarne l'esercizio la sola esistenza reale. È uno Stato, perchè esiste.

In siffatto modo ha esistito la sovranità degli Stati Uniti di America Settentrionale dal 4 luglio 1776 giorno in cui essi si dichiararono liberi, sovrani ed indipendenti dalla Gran Brettagna. Sicchè con una decisione del 1808, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso che da quel giorno gli Stati che componevano l'Unione Federale avevano potuto esercitare ogni diritto di sovranità quanto alla legislazione interna, e che questo esercizio era del tutto indipendente dal riconoscimento che ne fece il Re d'Inghilterra col trattato di pace del 1782.

La sovranità esterna, per l'opposto, affinchè sia piena ed intera, ha bisogno di essere riconosciuta dagli altri Stati. Finchè lo Stato nuovo altra attinenza non ha che quella coi propri sudditi, e la

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