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Nazioni stabiliti od accettati, ed è il diritto internazionale positivo, che si fonda sui trattati, sugli usi o le consuetudini; quest'ultimo prende origine dalla volontà delle Nazioni, però si fonda sempre sul diritto naturale, anzi non è che l'applicazione dei suoi principii ai casi pratici fatta per volontà delle Nazioni. Omne jus, dice il giureconsulto Modestino, aut necessitas fecit, aut consensus constituit, aut firmavit consuetudo.

§ 13. Il Diritto Internazionale, avuto riguardo alle diverse questioni che si propone di risolvere, può dividersi in due parti principali, ossia diritto di pace e diritto di guerra.

La prima parte si occupa dei rapporti fondamentali degli Stati fra di loro, riguardo alle persone, alle cose, ed alle obbligazioni, e comprende quindi anche il diritto internazionale privato; la seconda, che corrisponde alle azioni del diritto civile, si occupa di stabilire quelle norme di giustizia e di procedura secondo cui le Nazioni possono esercitare le loro azioni per rivendicare i loro diritti; determina quindi i rapporti giuridici dei belligeranti fra di loro e coi popoli neutrali. A queste due parti suole aggiungersene una terza, che è il diritto diplomatico, ossia quello che si occupa di conoscere le leggi e gli usi secondo i quali sussistono le relazioni diplomatiche, e quindi che determina le diverse classi di agenti diplomatici, le loro prerogative o privilegi, i loro doveri ed il modo con cui compiono le loro funzioni.

§ 14. Sublime dottrina è questa del diritto internazionale che, direi quasi, su tutte le altre sorvola, perchè considera l'uomo sotto un punto di vista più elevato, ossia come membro della grande società universale che abbraccia tutti gli uomini. Somma è la sua importanza, e se vuolsi, ancora maggiore di quella degli altri rami del diritto, dappoichè qui non si tratta di illustrare o commentare un diritto positivo, ma di formare ed elaborare le regole di condotta delle Nazioni là dove non esistono accettate dagli Stati, di migliorarle là ove esistono imperfette, e di diffondere

presso i governi la convenienza di metterle in pratica in maniera da rendere più generali le convinzioni giuridiche e facilitare la via alla graduale e progressiva codificazione del diritto delle genti (1).

E qui sopratutto risplende di viva luce l'importanza della scienza; dappoichè stando le cose come sono, è innegabile che le decisioni che nelle singole questioni saranno per dare gli uomini che si sono dedicati allo studio di questa dottrina e magistrati e giuristi, non potranno che esercitare la loro efficace influenza sugli uomini di Stato i quali dovranno adottarle e trasformarle in vere leggi internazionali, a meno che non vogliano violare le leggi eterne della giustizia e porre gli Stati da loro governati al bando del consorzio delle Nazioni civili. Epperò sotto questo punto di vista la scienza acquista una importanza pratica efficacissima.

§ 15. A questo proposito mi torna in acconcio dire una parola sul metodo che deve seguirsi nello studio del Diritto Internazionale. Farebbe opera di poco frutto colui, che fermando la sua attenzione sul diritto storico pratico, si limitasse a studiare il diritto riconosciuto ed accettato dalle Nazioni nei trattati e consuetudini, e quindi ritenere per buono quanto in essi è consacrato. Sarebbe un voler continuare l'errore in perpetuo. Pur troppo nel diritto positivo e nelle consuetudini internazionali furono accettate massime contrarie alla giustizia; ora scopo della scienza è appunto quello di correggere l'errore. Epperò nello studiare il diritto delle Nazioni, uopo è vagliare il diritto positivo nella bilancia del giusto, confrontarlo coi supremi principii della ragione, accettarlo se conforme, condannarlo se contrario. In questo modo solo si potrà riuscire nella desiderata riforma del Diritto Internazionale positivo. Quindi metodo storico-filosofico.

§ 16. Considerando pertanto l'estensione e l'importanza di questa scienza, che tratta dei diritti di popoli interi e discute

(1) ROLIN, JAQUEMYNS, Revue de Droit International, 1869, pag. 225 e seg.

quindi i grandi interessi della umanità, non è a dire come essa si trovi a contatto con tutti gli altri rami della scienza giuridica e come da tutti prenda giovamento; ma sopratutto essa trae grande partito dai solenni ammaestramenti della storia.

Da questa maestra degli uomini sono registrati i fasti principali delle Nazioni, il loro nascere, il loro progredire, il loro decrescere, le generose e gloriose azioni e le più turpi scelleraggini, e, come che si tratti di fatti compiuti, l'umanità ha portato su tutti il suo sicuro ed imparziale giudizio. La storia quindi è faro che illumina la via dell'uomo di Stato, e mostrandogli le fatali conseguenze degli errori dei popoli passati, lo costringe a porre ogni suo studio onde evitare di cadere nei medesimi. Eppero la conoscenza della storia è requisito indispensabile per chi vuole studiare la nostra scienza.

§ 17. A fianco del Diritto Internazionale, dice l'Heffter, sta la politica esterna, ossia la teoria della saggezza della condotta reciproca degli Stati. E per verità, noh v'ha dubbio che la politica è quella scienza che si propone per iscopo di conservare nel consorzio internazionale la pienezza dei diritti di ciascuno Stato, e quindi usa di tutti quei mezzi che la prudenza consiglia, affinchè l'incolumità dei diritti di ciascuno sia conservata e posta in salvo, contro gli attacchi, i raggiri e le insidie che possano venirgli dal di fuori. Ora, siccome la reciproca coesistenza nel diritto non può ottenersi dalle Nazioni, se non ottemperando ai precetti delle leggi internazionali, così ne deriva che queste due scienze dovrebbero sempre camminare l'una a fianco dell'altra senza mai trovarsi in collisione, anzi aiutandosi a vicenda, per ottenere la maggior sicurezza nello sviluppo giuridico delle politiche aggregazioni.

Vero è che la corruzione delle corti d'Europa nelle età di mezzo, e le grandi calamità internazionali dei bassi tempi ed in buona parte delle età moderne, e sopratutto la supremazia esercitata dalle grandi potenze a danno degli Stati deboli, fecero della po

litica un giuoco d'astuzia e di abbominevoli intrighi, in cui la vittoria era del più scaltro; tantochè taluno non peritossi di asserire esser la politica l'arte di gabbare il mondo. Ma tuttavia ciò non sconfessa il principio; dappoichè la politica prende forma e s'inspira alle condizioni dei tempi, tantochè dei costumi dei secoli essa fu, è, e sarà specchio fedele: nelle società corrotte essa lo sarà del pari, nelle società civili essa si terrà in un livello più dignitoso.

Ad ogni modo a me pare incontrastato, che se il fine ultimo della politica si è quello di far osservare agli Stati le leggi internazionali, essa sola sarà giudice nella scelta dei mezzi che possono condurla a siffatto intendimento; e quindi tutto ciò che riguarda la prudenza e, se vuolsi ancora, la scaltrezza, è lasciato alla abilità e saggezza dell'uomo politico, il quale dalla opportunità e dalle circostanze potrà trarre quel profitto e quell'indirizzo, che nessun codice ha saputo scrivere nè lo potrà mai. Assai acconciamente scrisse l'Heffter, parlando di questo argomento: una contraddizione fra il diritto internazionale e la politica, benchè troppo frequente in realtà, non deve esistere naturalmente; non vi ha che una sola verità, nè possono darsi verità contraddittorie. Una politica moralmente corretta, non può giammai fare ed approvare ciò che riprova la legge internazionale, e d'altro lato quest'ultima deve ammettere ciò che l'occhio vigilante della politica ha riconosciuto necessario per la conservazione degli Stati (1).

(1) HEFFTER, Droit international public de l'Europe. Introduction, § 4.

MARIOTTI Vol. I.

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CAPO II.

Cenni storici sull'origine del diritto internazionale.

SOMMARIO.

§ 18. Il diritto internazionale è scienza di creazione moderna. § 19. Diritto delle genti presso i popoli antichi Orientali.

§ 20. Ragione per cui questi popoli non conobbero il diritto internazionale. § 21. Che cosa sia stato il diritto internazionale presso i Greci Dottrina d'Aristotele.

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§ 22. Rapporti degli Stati della Grecia fra di loro. · Deduzioni dello storico Hume sull'equilibrio politico.

§ 23. Morale dei Greci negli affari di Stato.

§ 24. Loro condotta nelle guerre.

§ 25. Usi internazionali dei Greci fondati sulla religione.

§ 26. Vincoli di amicizia fra le città della Grecia. — I Proxeni.

§ 27. Se la Lega Anfizionica fosse una instituzione politica.

§ 28. Diritto internazionale presso i Romani.

§ 29. Massima stabilita nella legge delle XII tavole.

§ 30. I Romani furono scrupolosi osservatori di quella legge. Considerazioni del Mengotti.

§ 31. Ljus gentium era ben diversa cosa del diritto internazionale.

§ 32. Regole di condotta dei Romani nel trattare coi popoli stranieri.

§ 33. 11 diritto Feciale.

§ 34. Condotta politica dei Romani coi popoli conquistati. La cittadinanza estesa alle provincie. L'editto di Caracalla.

§ 35. Ragioni che impedivano ai Romani la conoscenza del diritto internazionale.

§ 36. Il cristianesimo informa la società, e coi suoi principii fa sviluppare l'idea del diritto internazionale.

§ 37. Invasioni barbariche e vicende internazionali dei bassi tempi. § 38. Il risorgimento del secolo XII. Influenza del diritto Romano. I dottori della scuola Bolognese.

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§ 39. Influenze benefiche e malefiche del Papato sul diritto internazionale. Le Crociate ed il feudalismo.

§ 40. Il feudalismo si rende stromento inconsapevole di libertà nelle sue lotte

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