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Postilla al Parere del ROMAGNOSI sulla affrancabilità dei Terreni del Tavoliere di Napoli.

In

questo stesso volume, alla pag. 174 e 175. in nota noi entrammo nella sentenza di ridurre i terreni del Tavoliere di Napoli alla condizione di Censi affrancabili a beneplacito dei proprietari delle terre i di cui fondi furono caricati dell' onere di pagare un dato Censo al demanio dello Stato in ragguaglio di un dato capitale pecuniario. Oltre di essere questo partito il più utile tanto nell' economia privata, quanto nella demaniale, esso ha il merito di essere coerente e conseguente colla legislazione civile dominante, quale è quella del Codice Napoleone vigente nel regno di Napoli .

Il grande affare che rimane sono le buone discipline per la felice riuscita del Progetto suddetto di affrancazione e di prospera coltura e popolazione di quella parte del Regno suddetto. Fu da noi progettato che la percezione dovrebbe essere data in appalto, o affittata ai municipj senz'altro privilegio fiscale. Avendo meglio pensato, io son d'avviso che l'appalto debba essere assolutamente escluso e preferito il municipio ad esclusione dei pubblicani. Nell'atto che il municipio riscuote le sue rendite può nello stesso tempo unire anche quella dei pochi censualisti del suo circondario, senza aggravio nè odiosità dei contribuenti. Dall'altra parte poi il municipio non abbisogna di dare cauzione per la sicurezza della rendita demaniale, talchè per l' esigenza di questi censi tutto può procedere colla maggiore sicurezza e risparmio.

In via poi di aggiunta suggerisco che sarebbe ottima cosa, e forse necessaria, di permettere che pel corso dei primi dieci anni i contribuenti del censo fossero in libertà di pagarlo o in denaro o in derrate tassabili, giusta il meprezzo delle mercuriali. Ciò pare indispensabile atteso le straordinarie spese per ridurre a coltura stabilire abitazioni entro il territorio del Tavoliere. Lochè importa l'impiego di capitali difficili a porsi insieme da non grandi

dio

SULLA AFFRANCABILITA' DEI TERRENI EC. 177

possessori, attesa la poca circolazione interna del numerario. La cosa non riesce più così allorchè posta la coltura, agevolato il commercio dei prodotti, i possessori possono colle vendite dei medesimi procacciarsi un denaro del quale prima scarseggiavano. Tutto considerato pertanto sembra che il partito di lasciare ai nuovi possessori la facoltà per i primi dieci anni di pagare in danaro o in derrate sia un mezzo necessario onde fare riescire bene l'impresa anche col contentamento delle popolazioni e dei municipj, per cui la riscossione del censo diventa facile, non forzata, e senza odiosità di liti e di esecuzione giudiziaria. Nella stessa guisa che si riscuotono certe decime ecclesiastiche su l'aia in cui si battè il frumento, si può anche riscuotere il piccolo canone censuario demaniale.

Forse taluno si immaginerà che questa facoltà possa essere incomoda al Tesoro dello Stato per non avere in numerario, durante dieci anni tutta la rendita del Tavoliere. Ma qui io rispondo, è vero o no che pel mantenimento dell' esercito occorrono provvigioni di grano? Or bene questa provvigione in parte sarà stabilmente assicurata, durante questo decennio della contribuzione certa del Tavoliere, senza passare a contratti coi fornitori, sui quali pur troppo occorrono tante questioni, come ognuno sa. Dalle località dei municipj ordinando il trasporto ai magazzini militari, tutto vien fatto con semplicità, con ispeditezza e con una chiara contabilità, che previene qualunque frode e qualunque malaversazione.

Resta finalmente l'esigenza per gl' impuntuali debitori dei canoni censuari. Anche qui la procedura diventa semplice, spedita e al minimo dispendiosa; perocchè sotto del raccolto sequestrandosi l'importare del canone dell'anno scorso si ottiene senza altro procedimento la rifusione do mandata. La coltura, il raccolto, debbono essere liberi in mano del debitore, e solo resta la nuda pignorazione per il canone scaduto e nulla più .

Parlo del canone scaduto; perocchè la diligenza del municipio non può lasciare oltrepassare un anno, pensando

178 POST. AL PARERE DEL ROM. SUlla affranc. ec. che col triennio di non fatta riscossione, gli scaduti canoni si prescrivono .

Tutte queste facilitazioni non si debbono riguardare come altrettante generosità praticate a danno del tesoro dello stato, ma come mere anticipazioni di un più largo reddito a favore del medesimo. Ridotta a coltura ed a prospero stato la popolazione, il mercato interno ed esterno ampliato, somministrano un largo compenso al Tesoro, talchè se a lui piacesse di tener dietro al movimento ed alla transazione di questa parte del suo regno vedrebbe in capo ad alcuni anni il guadagno insensibilmente fatto con questa specie di . anticipata facilità. Lungo sarebbe tessere un bilancio presuntivo, ma ogni economista illuminato può presentarselo alla mente in via ipotetica, e vedere la lusinghiera prospettiva che ne risulta .

Finalmente poi a che discutere mercantilmente e col rigido egoismo da doganiere un progetto tanto utile allo Stato, e tanto benefico alla popolazione? Forsechè i sentimenti di munificenza debbono essere del tutto sbanditi negli alti disegni della pubblica amministrazione? Forsechè una parte della popolazione non merita gli stessi riguardi e gli stessi soccorsi che si accordano, fondando Ospedali, Ricoveri, limosine ed altre cose simili? L' affezione per i beneficj ricevuti non è forse uno dei migliori vincoli della potenza dello Stato, e la distribuzione degli equi soccorsi a titolo gratuito non è forse uno degli eminenti doveri della società? A che dunque venire a spaventare e ad ammortire coi freddi e rigidissimi calcoli mercantili, un'opera di pubblica amministrazione e di illuminata umanità? Anche troppo si fa col bilancio già suggerito dei censi sopra progettati. Se dunque sfuggisse ancora qualche briciola di interesse, guardiamoci dall' adottare il rammarico dell'usuraio, ed abbracciamo invece le voci dell'umanità e della beneficenza.

Romagnosi.

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DEL

DIRITTO DI MARTELLATURA

SULLE PIANTE PER LA MARINA. (*)

I.

Che cosa è questo diritto di martellatura ? Un'autorità riservatasi dalla pubblica Amministrazione di fare ovunque imprimere un marchio su quegli alberi che a suo avviso sembrano acconci alle navali sue costruzioni. A che si riduce questo diritto? Primo ad un sistematico sequestro fatto delle piante a beneplacito del fisco, e indi ad una spropriazione forzata, sotto pretesto del servizio della militare marina. Qual è il titolo suo giustificativo? quello in causa di pubblico servigio.

Ma ben considerando la verità della cosa, forsechè la martellatura suddetta può essere giustificata, o non piuttosto ripugna ad ogni legge di giustizia e di pubblica economia ? Egli è poi vero che nella martellatura concorrano i requisiti onde obbligare un proprietario a cedere le date piante? Quali esser possono questi requisiti?

Quelli che furono detti di pubblica e dimostrata necessità. Dico di necessità e non di utilità. Sotto il largo significato di utilità entra anche il comodo e tutte quelle altre mire che la logica capricciosa degli interessi e del predominio suole porre avanti. Ma nel conflitto della reale proprietà privata non si può far valere mai fuorchè la necessità, o di difendersi, o di assicurarsi contro un male o un danno che colpirebbe lo stesso proprietario. Questo importa un dovere pubblico naturale di provvedere al dato

(*) Estratto dal Vol. XXXVII degli Annali Universali di Statistica.

bisogno e di far fronte a date emergenze. Qui il diritto è figlio di un dovere legittimo e necessario; e questo diritto non è che il mezzo indispensabile della soddisfazione dello stesso dovere pubblico suddetto. In questa formola che cosa si inchiude ?

In linea di ragione essa esprime il titolo fondamentale unico di ragion necessaria. In liuea di economia, e di morale vi dice che il bisogno pubblico deve essere di tale natura e gravità pubblica che ogni uomo ben illuminato sul suo tornaconto dovrebbe spontaneamente preferire la spropriazione mediante indennizzazione, alla conservazione della sua proprietà. Ciò si risolve in sostanza in una vendita comandata dalla legge fondamentale della sociale con vivenza, dalla quale risulta il meno danno possibile del privato che sembra obbligato ad un sagrificio. Senza questo nesso la parola di pubblica utilità presenta un' astrazione smentita dal fatto ed un senso spogliativo dei nativi diritti dell'umanità La legge sociale non è legge di lesione o di perdizione della proprietà del cittadino, ma legge di protezione e di aiuto all'individuale impotenza, e quindi non permette il restringere, ma comanda di giovare ad ampliare e ad assicurare le proprietà. Per la qual cosa i così detti privati sacrificj sono mezzi necessari per questa ampliazione e sicurezza, la quale larghissimamente ricompensa il preteso sacrificio, il quale se fatto non fosse ap porterebbe mali gravissimi a quello stesso che lo ricusò.

Per la qual cosa in punto di spropriazione forzata per causa pubblica tutti i maestri di diritto naturale pubblico richiesero non l' utilità ma la necessità. GROZIo parlando delle cose altrui di uso innocuo, disse quanto segue: << Non « enim par hic necessitas requiritur ut in re aliena arri« pienda. » Più sotto soggiunge : « Ad sua autem venden« da non aequum jus est: nam cuique liberum est statuere « quid velit acquirere vel non ( De jure Belli et Pacis lib. II, cap. II, §. XVII, XX).

Il VATTEL nel suo trattato du droit des Gens lib. II, cap. IX, §. 119 scrive quanto segue: « On appelle droit « de necessité le droit que la necessité seule donne à cer

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