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queste pagine tante assurde credenze; ma rammenti che il loro studio, come già ne' tempi di Apulejo e Luciano, esercitò in questi ultimi anni il senno di uomini illustri; rammenti ch' esse hanno un' importanza gravissima sulla storia dell' immaginazione e dello spirito umano, e che ne' processi storici i più intricati e nebbiosi basta talora il più picciolo indizio a fornire il filo per iscoprire fatti notevoli.

E. CELESIA. Storia della Letterat. in Italia.

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CAPO IX.

GERBERTO E I SUOI TEMPI

Leggende

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SOMMARIO.

Gerberto in Roma, in Bobbio e in Germania Sue lotte contro l'autorità pontificia Notevole lettera all'arcivescovo di Sens Sua esaltazione a pontefice

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Ras

segna delle sue opere Condizioni letterarie dei secoli IX e X: il Trivio e il Quadrivio Nuovo indirizzo da lui dato agli studi Universale I Papi dal secolo IX fino all' XI credenza sulla fine del mondo Primi albori del risorgimento letterario e civile Raterio ed Ottone intellettuale.

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Operosità

Chi togliesse a dettar la storia della letteratura leggendaria dei bassi tempi, avrebbe in Francesco Gerberto un personaggio che andò famoso, al pari di Virgilio e di Carlomagno, per una serie di fatti meravigliosi e fantastici, raccolti da Guglielmo di Malmesbury, da Alberico delle tre Fontane, da Gervasio di Tilbury, da Vincenzo di Beauvais, dal cardinale Bennone, da Martin Polono e da parecchi altri. Diceasi avesse egli fermato un patto col diavolo, in

virtù del quale gli consentiva piena balia dell' anima sua, purchè s'adoperasse ottenergli la sedia di Pietro. Giungeva infatti Gerberto ad assidersi sul soglio pontificale che tenne alcun tempo: senonchè un giorno ecco farsegli innanzi il suo sozio, e squadernatogli sugli occhi il fatale chirografo, chiesegli l'adempimento delle giurate promesse. Parve temeraria l' inchiesta di Satana al vicario di Cristo, e tentava con sottili ragionamenti a schermirsene: ma il maligno che non sapeva armeggiare a parole, poichè non aveva appreso dialettica, come quel suo confratello che diceva a Guido di Montefeltro

Tu non pensavi ch' io loico fossi,

gli ruppe senz'altro con un colpo la testa e sen portò l'anima seco, onde il famoso ditterio :

Homagium diabolo fecit et male finivit.

Come agevolmente si scorge, la leggenda del dottor Fausto non è nuova, nè propria della sola Germania: noi la troviam pure in Italia e immedesimata nella istoria de' papi.

Altri aggiunge che Gerberto convenne col demonio, che gli sarebbe prolungata la vita, finchè non avesse celebrata la messa in Gerusalemme: ma il poco accorto pontefice recatosi ad ufficiare in quella chiesa di Roma che chiamavasi di Santa Croce in Gerusalemme, Satana che ivi appostavalo, gli fu in un attimo addosso e lo spense. Altre leggende ci diranno della sua moltiforme sapienza, e del libro furato ad un arabo coll'aiuto della figliuola di lui, in virtù del quale collegavasi con gli esseri sovrannaturali, i djinns degli orientali e i demoni del cristianesimo; ci diranno della statua nel campo di Marte in Roma, che portava

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scritto sul capo hîc percute le quali parole avendo il solo Gerberto interpretate, potè imprendere uno strano viaggio sotterra; ci diranno della testa da lui fabbricata che gli profetava il futuro, ed altre meraviglie siffatte, che mentre giovano alla pittura de' tempi, mostrano aperto com'ei fosse tenuto in conto di un uomo superiore a' suoi coevi.

E invero Gerberto fu uno de' più grandi personnaggi politici del secolo X, e il primo che recasse la scienza sul seggio di Piero. Benchè nato di umile sangue in Alvernia, l'Italia in cui passò parte della sua vita e che l'ebbe sul più eccelso de' troni, lo annovera a buon dritto fra i suoi.

Condotto da Borello conte di Barcellona in Ispagna, frequentò lo studio di Cordova, e in quel focolare della civiltà arabica apprese la chimica e la meccanica in guisa da poter poscia costrurre il suo famoso orologio a bilanciere, e quell' organo, i cui tasti erano messi in movimento dal vapore. Reduce dalla Spagna, pose sua stanza in Roma, ed entrò in favore d'Ottone il Grande, che gli commise l'ufficio di precettore del proprio figliuolo, ed indi per compenso gli ottenne nel 965 la dignità abaziale nel monastero di Bobbio. Ma lungamente non potè esercitare il nuovo suo ministero. L'abbazia bobbiese trovavasi allora nelle più estreme distrette per opera dei vicini signori che tentavano usurpare la miglior parte delle sue terre, e massimamente di Pietro vescovo di Pavia, poi papa Giovanni XIV, che armata mano ne disertava le possessioni. Gerberto in una sua lettera espone all' imperatore ed alla di lui madre Adelaide le dure privazioni imposte a' suoi monaci - E' muojonsi, diceva, di fame: non han vesti per coprire le loro nudità: deserti i granai, la farmacia senza droghe,

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