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sostenne il principato come il più saldo sostegno della desiderata trasformazione.

La Farina non appartenne alla scuola politica che risale con la tradizione alla filosofia greca, e mette capo a Socrate, bensì all' italica e all' istituto pitagorico. La prima disputava della virtù e della libertà; ma disputando perdeva la fede nell'una e nell'altra. « Il carattere della vera sapienza italiana, diceva il La Farina, è tutta pratica, è poggiato sull'esperienza e la realità delle cose » ; cosi trovava nella sapienza italica un mirabile accordo fra la ragione che indaga le leggi della natura, e la natura cui si conformano gli ordini sociali (1). Voleva l'uomo politico atto a resistere al logorio delle forze fisiche e morali, non soffermarsi mai a mezza via, andar sempre avanti tenendo gli occhi fissi alla stella polare della patria, senza curarsi del volgo insensato che ora plaude, ora maledice; non volgere l'orecchio alle lusinghe, alle paure, ma tener alta la fronte e la bandiera; chi questo coraggio non si sente, diceva, abbandoni l'impresa; la vita politica è una continua lotta, nella quale si hanno vittorie e sconfitte, si guadagna e si perde; ma non si dee perciò mai tradire la causa della verità e della giustizia (2).

Così solamente il La Farina potè esser modello di cittadino, che spese e consumò tutta la sua vita nell'amare l'Italia, e di cui può dirsi esclamando: Oh! beata Italia se i tuoi figli rassomigliassero tutti a lui! (3).

(1) Scritti cit., vol. cit. pag. 432.
(2) Scritti cit., vol. cit. pag. 391.
(3) Scritti cit., Proemio, pag. 33.

SOMMARIO

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CAPO 3.°

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Vita intima di La Farina Sventure domestiche Voci di fallimento dell' editore Guigoni 充 sospesa la pubblicazione delle opere storiche del nostro Messinese Scrive un compendio della Storia d'Italia, ch'è pubblicato quattr' anni dopo Biblioteca storica

abortita Storia delle Contenzioni tra la podestà ec-
clesiastica e la civile Opuscolo: La Nazione è l'unica
e vera proprietaria de' beni ecclesiastici La Farina
da Parigi va a Tours, e vi si stabilisce Condizioni do-
mestiche ristrettissime Esercita l'ufficio di maestro di
lingua italiana Gli Albigesi romanzo storico
antica sapienza politica degl' Italiani, scritto inedito
Compone un dramma, che non è rappresentato Si tras-
ferisce a Torino La Rivista Enciclopedica Italiana
Legione anglo-italiana Timori d' una restaurazione Mu-

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Sulla

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Del

rattiana in Napoli Pratiche del La Farina per isviarla con l'intervento del governo inglese Promuove un'agitazione in Sicilia Consigli di Ruggiero Settimo giornaletto Il Piccolo Corriere Relazione amichevole del La Farina col Conte Cavour Pochi cenni biografici del sommo Statista Disegno del La Farina per un'insurrezione in Massa Carrara con l'aiuto della Società Nazionale.

La vita intima del La Farina dal 1853 in poi è un'esplicazione maggiore della sua virtù intellettiva e dell'intenso amore verso l'Italia; è un dibattito della sua fede inconcussa e salda come granito nell'unificazione contro le opinioni oscillanti di quei che possono considerarsi come in preda ai flutti di mare agitato, senza sapere quale sia il I porto di loro salvamento; il La Farina non che assistere animoso a questo conflitto, ne traeva ar

gomento di conforto, acquistando così maggior lena per vincere la prova.

I lavori letterarî a' quali erasi dedicato per vivere, doveano a quando a quando essere interrotti per dolorosi casi domestici; come per la cattura del fratello Silvestro e la di costui deportazione a Lipari, per la morte del padre e del cognato, alla moglie fratello, e finalmente pel timore del fallimento dell'editore Guigoni, il quale sospendendo i pagamenti della convenuta mercede, lasciava il nostro La Farina senza mezzi di sussistenza, e senz'ulteriore lavoro nelle opere contrattate.

Fu allora che impegnossi a scrivere per le scuole un Compendio della Storia d'Italia raccontata a' giovanetti, e una Storia della Svizzera; il primo lavoro fu pubblicato molto dappoi, cioè, nel 1857 dallo stesso Guigoni, che si era rimesso in credito (1); il secondo non vide la luce, perchè abortito il disegno del Guigoni di comporre una Biblioteca d'opere storiche per i varî Stati d' Europa, l'A. ne smise il pensiero.

Sarà bene a questo proposito ch'io dica, come siffatta collezione dovesse contenere le STORIE della Svezia e Norvegia, della Danimarca e della Svizzera, dell' Impero Ottamano e via; e nella compilazione sarebbero entrati l'Amari Michele, il Mamiani, l'Errante ed altri; ma rimasta, come abbiam detto, senza esecuzione, la parte assunta dall'Errante fu compiuta da lui molti anni dopo, in

(1) La Storia d'Italia, raccontata a' giovanetti da Giuseppe La Farina. Torino, Società editr. Ital. per M. Guigoni, un vol. 1857.

titolandola Storia degli Osmani (Othmans fondatori della dinastia regnante, 1299). Il La Farina poi sarebbe stato aiutato nel lavoro dall'opera da lui medesimo pubblicata nel 1842 per la tipografia Bardi: La Svizzera storica ed artistica illustrata, della quale abbiamo precedentemente tenuto conto (1).

Fallita quest'impresa, affrettavasi il nostro A. a metter su un'altra opera intitolata: Storia delle Contenzioni tra la potestà civile e la ecclesiastica da' tempi di Gregorio VII fino ai nostri giorni, opera che fu stampata dalla Società editrice Torinese nel 1853 in 8° (2), ma della quale non apparve che il solo 1o volume e parecchi fascicoli del 2.o Un opuscolo anche pubblicava un anno dopo col titolo: La Nazione è l'unica e vera proprietaria de' beni ecclesiastici (3), opuscolo di molta erudizione, cui era assai giovata l'opera delle Contenzioni.

Di questi lavori avremo occasione di ragionare in seguito.

Trovandosi intanto a disagio in Parigi per gli alti prezzi de' viveri e delle pigioni, e per la sospesa pubblicazione delle sue STORIE ITALIANE, risolvette il La Farina nel giugno 1853 di abbandonare la capitale della Francia, e portarsi ad abitare a Tours, piccola città di 44 mila abitanti, distante da Parigi cinque ore di strada ferrata, e di buona aria. Quivi si pose ad insegnare lingua italiana (4). Pa

(1) V. Capo IV, Parte Prima.

V. Epist. vol. I, lett. di N.o 222 del 4 marzo 1853 (3) Torino, 1854.

(4) Epistolario, vol. I, lett. di No. 229 e 231.

recchi discenti avea già acquistato, quando gli giunse la notizia del disastro commerciale del suo editore. Rassegnato alla sicura perdita, scriveva da Tours a 11 maggio 1854 al suo amico Giovanni Ventura a Torino (1): se avessi saputo fare scarpe, mi sarei messo a fare il calzolaio; un tempo a Parigi m' era venuto in mente di far l'intaglialore, ed avevo già comprati gli strumenti; a quest' idea non ho mai completamente rinunciato (2).

Ma la sua vita operosa non s'accontentava di questo; ond'avea voglia e tempo di scrivere un romanzo storico intitolato: GLI ALBIGESI (3); e metteva in telaio, com'egli scriveva, altro lavoro: Sull'antica sapienza politica degl' Italiani; più, componeva un dramma, di cui non dava il titolo nelle lettere del tempo (4), ma che mai fu per altro messo sulle scene.

La residenza frattanto di Tours non gli offriva mezzi di sostentamento; ond' egli era obbligato di consumare lentamente quel gruzzolo che s' era formato co' risparmî precedentemente fatti, traendo a stecchetto la vita; sicchè nell' agosto del 1854 risolvette recarsi a Torino, dove andò e dove venne accolto con gran giubilo da tutta la

(1) Epistolario, vol. I, lett. di N. 240.

(2) Sapeva di disegno, quindi sarebbe stato facile per lui l'esercizio di quel mestiere.

(3) Ne tratteremo distesamente nella parte quinta.

(4) Il dramma non fu mai rappresentato; gli amici lo esortavano a metterlo a concorso; ma egli ebbe terrore nello esporsi all'altrui giudizio, ignorando, come diceva, il gusto degli esaminatori.

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