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Ma pur, Signore, a te non so venire,
Se la tua strada non mi vien scoperta.
XI. Io prego, che mi vogli sovvenire,

E liberarmi da' nemici miei,

Però che ad altro dio non so fuggire.1
O Dio eccelso sopra gli altri dèi,
Fa sì, ch'io senta la tua voluntade,2
Perchè tu sol mio Dio e Signor sei.
XII. Deh fa, Signor, che la benignitade
Del tuo Spirito santo mi conduca
Nel diritto cammin per tua bontade."
Se, come spero, tu sarai mio duca,"
Io so che viverò per sempre mai
Dop' esta vita labile e caduca.

5

XIII. Ma pur bisogna, che da questi guai
E tribolazioni tu mi cavi,

Come più volte per pietade fai."

XI. Eripe me de inimicis meis, Domine, ad te confugi: doce me facere voluntatem tuam, quia Deus meus es tu.

XII. Spiritus tuus bonus deducet me in terram rectam : propter nomen tuum, Domine, vivificabis me in æquitate tua. XIII. Educes de tribulatione animam meam : et in misericordia tua disperdes inimicos meos.

perchè da me sono impotente pur a principiare la via della mia sal

vezza.

1 Non che sieno altri dèi, fuori che il vero ma intende di quegl' idoli, che dalle genti eran adorati per dèi, de' quali Davide in altro Salmo si burla (Psal. CXXXIV, v. 15, e seg.) chiamandogli dei, che hanno orecchi e non sentono; hanno occhi e non vedono; hanno mani e non palpano ; hanno piedi e non camminano ec. Io non fo capo (dice egli) a queste statue insensate, che sono argento ed oro, e niente più; ma si a te, vero Dio.

2 Questa è la prima cosa, di che prega Davide il Signore, per poter perseverare nella sua riunione con Dio, cioè d'intendere la volontà di

DANTE. .1.

lui, e quel ch' egli da esso desidera, per metterlo in esecuzione.

3 E questa è la seconda cosa altresì necessaria alla perseveranza, della quale supplica Dio: cioè, che la grazia dello Spirito santo il voglia per lo diritto cammino condurre.

Duce, scorta, guida; nel qual senso più volte trovasi da lui usata tal voce nel suo gran Poema.

5 esta vale questa; e vien dall'ista de' Latini, onde i volgari fecero esta. Così il medesimo Dante nella Cantica dell'Inferno (cant. I, v. 5) disse:

Esta selva selvaggia, ed aspra e forte.

6 Come suoli co' servi tuoi per lo più praticare per la tua immensa bontà.

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XIV. Perocchè io sono de' tuoi servi e schiavi,
Io prego che distrugga tutti quelli,

Li quai contra mi sono crudi e gravi,
E che al mio bene far sono ribelli.1

XIV. Et perdes omnes, qui tribulant animam meam; quoniam

ego servus tuus sum.

1 Quali erano Assalonne, Achitofello e cent' altri, che, dopo aver ri

cevuto tanto bene da Davide, gli si

erano rivolti contro.

PROFESSIONE DI FEDE

O PARAFRASI IN TERZA RIMA

DEL CREDO, DE' SACRAMENTI, DEL DECALOGO, DEI VIZII CAPITALI, DEL PATER NOSTER E DELL'AVE MARIA.

Notizia letteraria 1 del motivo che indusse Dante a comporre il Credo estratta dal codice 1011 della Riccardiana di Firenze.

Poi che l'autore, cioè Dante, ebbe compiuto questo suo] libro (la Divina Commedia) e pubblicato, fu studiato per molti solenni uomini e maestri in teologia, e in fra gli altri di frati minori: e trovarono in uno capitolo del Paradiso, dove Dante

1 Questa Notizia fu dal Rigoli premessa al Credo, o Profession di fede di Dante, ch'egli riprodusse confrontato coi codici della Riccardiana nel Saggio di Rime di diversi buoni Autori, Firenze 1825. Ho riportato inferiormente le varianti che presenta questa edizione, inserendo nel testo quelle che evidentemente migliorano la lezione del Quadrio, ma riportandone la lezion rifiutata. Ecco quanto intorno al Credo dice il Rigoli nella prefazione del libro citato:

<< Non si potrebbe aprire la nostra >> collezione con nome più insigne. >> Dante merita il primato, e per la » sua celebrità, e per l'ordine cro>>nologico, che ci siam proposti di » seguire nella disposizione delle ri» me medesime. Diamo di lui la sua >> Protesta di fede, che contiene il » Simbolo degli Apostoli, la spiega

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»zione de' Sacramenti e del Decalo» go, l'enumerazione de' vizii capi>> tali e la parafrasi dell' orazione domenicale, e della salutazione an>> gelica in terza rima.... Questa Pro>>fessione di fede fu già pubblicata >> nel secolo XV; e quindi ridotta >> all' ortografia moderna; ma da noi » volentieri si riproduce, poichè le » cure impiegatevi ci hanno posto in » grado di presentarla in stato più >> conforme alla mente del suo auto»re. L'abbiamo primieramente con>>frontata con dodici MSS. della bi»blioteca riccardiana, e colle edi»zioni del quattrocento, e per tal » mezzo è stata accresciuta la ter» zina XXVI, la quale comincia Ma » sol di quell' eterno ec. mancante in » tutte le stampe, e si sono riportate >> le varianti di maggiore importanza, >> seguitando su questo proposito il

fa figura che truova san Francesco, e che detto san Francesco lo domanda di questo mondo, e si come si portano i suoi frati di suo ordine, de' quali gli dice che istà molto maravigliato, però che da tanto tempo ch'è in Paradiso, e mai non ve ne montò niuno e non ne seppe novella. Di che Dante gli risponde si come in detto Capitolo si contiene. Di che tutto il convento di detti frati l'ebbono molto a male, e feciono grandissimo consiglio; e fu commesso ne' più solenni maestri che studiasseno nel suo libro, se vi trovasseno cosa da farlo ardere, e simile lui per eretico. Di che gli feciono gran processo contro, ed accusaronlo allo 'nquisitore per eretico, che non credea in Dio nè osservava gli articoli della fè. E' fu dinanzi al detto inquisitore, ed essendo passato vespero; di che Dante rispose e disse: Datemi termine fino a domattina, ed io vi darò iscritto com' io credo Iddio: e s'io erro, datemi la punizione ch' io merito. Di che lo 'nquisitore gliel diè per fino la mattina a terza. Di che Dante vegghiò tutta la notte, e rispose in quella medesima rima ch'è il libro, e si come si seguita appresso: dove dichiara tutta la nostra fè e tutti gli articoli, che è una bellissima cosa e perfetta a uomini non litterati, e di bonissi

» Salviati negli Avvert. sulla lingua, » lib. I, cap. 6, il quale parlando di » varii testi a penna, dice così: A » niuno di loro si va dietro del tutto, » ma di ciascuno si prende il buono, e » nel non buono si abbandona. Vi ab>> biamo ancora premessa la Notizia >> letteraria del motivo che lo indus» se a comporla: non è a noi palese » che sia stata riferita da altri, ma » non osiamo proporla per vera. Des>> sa fu estratta dal codice 1011 della >> Riccardiana: per altro se ne dà un >> accenno in altri due codici della » medesima biblioteca, cioè, in quel» lo segnato di n° 115 ove si legge : » Concione, la quale mandò Dante Al» dighieri da Florencia, essendo accu»sato per eretico al Papa; e nell' al>>tro di no 1691, si ha: Uno Capitolo » di Dante sendo stato accusato allo 'n» quisitore, scusandosi dicie così, e fa » questa risposta. Se ci diamo la bri» ga di esaminare a qual grado fosse » la cultura a tempo dell' Alighieri, » non ci dee sorprendere se egli cad>>de in sospetto, e venne in tal gui» sa accusato. Matteo Ronti monaco » di Monte Uliveto maggiore avendo

per

>> tradotta nell' anno 1380, o in quel » torno, in versi latini la Commedia » di Dante, ci dice che egli dovette » soffrire per parte del suo superiore » l'umiliazione di vedersi ridotto al» la condizione laicale. Ci racconta il >> Boccaccio nella Vita di Dante (Fi>> renze 1733, pag. 259) che il libro » De Monarchia più anni dopo la » morte dell' autore fu dannato da mes» ser Beltramo cardinale del Poggetto, » e legato del Papa nelle parti di Lom» bardia, perchè per argumenti leolo» gici pruova l'autorità dell' imperio » immediatamente procedere da Dio, e » non mediante alcuno suo vicario, co» me li cherici pare che vogliano. A » pag. 260 ci dice che il medesimo por» porato diede alle fiamme il detto li» bro, e il simigliante si sforzava di » fare delle ossa dell'autore, se a ciò » non si fosse opposto un valoroso e » nobile cavaliere fiorentino, il cui no» me fu Pino della Tosa, il quale al» lora a Bologna, dove ciò si tratta»va, si trovò, e con lui messer Ostagio » da Polenta: potente ciascuno assai » nel cospetto del cardinale di sopra »> detto. »>

mi assempri utili e preghiere a Dio e alla Vergine benedetta Maria, si come vedrà chi lo leggerà. Chè non fa bisogno avere, nè cercare altri libri per sapere tutti i detti articoli, nè i sette peccati mortali; chè tutto dichiara si bene e sì chiaramente, che si tosto come lo 'nquisitore gli ebbe letti con suo consiglio in presenzia di XII Maestri in teologia (li quali non seppono che si dire nè allegare contro a lui), che lo 'nquisitore licenziò Dante, e si fe beffe di detti frati; i quali tutti si maravigliarono come in si piccolo tempo avesse potuto fare una si notabile cosa in rima ec.

PROFESSIONE DI FEDE.

Io scrissi già d'amor più volte rime,1
Quanto più seppi dolci, belle e vaghe,
E in pulirle adoprai (a) tutte mie lime.2
Di ciò son fatte le mie voglie smaghe,3
Perch'io conosco avere speso invano

(a) Ed in pulirle oprai

1 Le amorose rime di Dante formano i primi quattro libri de' dieci, in che sono scompartiti i sonetti e canzoni di diversi antichi Autori toscani, raccolti da Bernardo Giunta e impressi in Firenze nel 1527 in 8o, e poi in Venezia nel 1532, e i cinque dei dodici, in che queste stesse poesie, accresciute, furono ristampate in Venezia per Cristoforo Zane nel 1731 e 1740, in 8°.

2 Tutta l'industria e l'ingegno: metafora, che piacque anche al Petrarca; onde adottolla in quel verso del suo sonetto Vergognando lalor: opra da polir con la mia lima.

3 smaghe, cioè, mutate, dalla voce smagare, che è provenzale, come ben disse il Bembo; ed è formata da image e da es, che è l'ex de' Latini,

onde esmagare, smagare, cioè, trarre, o uscir d'immagine, e smagato e smago per sincope, cioè, tratto d'immagine, cangiato e simil cosa. Quindi il Castelvetro e il Menagio errarono amendue, i quali, negando che detta voce fosse provenzale, si presero a ribattere il Bembo. E il primo la volle venuta in Italia dalla Grecia, e trassela dal greco machomai, che val combattere, colla giunta della s, dando alla medesima poi la significazione, che mai non ebbe, di superare, vincere ec. Il secondo a' Latini ascrivendola, con modo veramente da ridere, la derivò da exvagare, formandone prima svagare, e poi sbagare e al fine smagare.

[Smago o smagato, partic. di smagare, non è da ex e image, ma da em e mage, Vedi la nota 9 alla ball. III.]

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